“In serie D Reggio non può avere altri obiettivi che non siano quelli di vincere. Se poi non si riuscirà nell’intento, applaudiremo e ringrazieremo lo stesso”.
Un concetto che abbiamo espresso più volte, e che intendiamo applicare proprio nella domenica in cui il sogno playoff del Reggio Calabria si è infranto a Cava de’Tirreni. Questo gruppo (laddove per gruppo intendiamo società, staff tecnico e calciatori), ha spinto al massimo delle proprie possibilità. Provare a vincere i playoff, ai nostri occhi ha rappresentato un obiettivo ambizioso, almeno per la stagione in corso, in quanto sulla “ricostruzione amaranto” hanno pesato come un macigno i 300mila euro da versare a fondo perduto. Analizzando realisticamente il percorso della neonata società, più di quello che è stato fatto non si poteva fare. Ecco perché, proprio nel momento della sconfitta, diciamo GRAZIE.
GRAZIE alla società presieduta da Mimmo Praticò, la quale ci ha consentito di parlare ancora di calcio giocato, sottraendo dai bilanci delle proprie aziende e dalle tasche delle proprie famiglie una cifra davvero considerevole, soprattutto tenendo conto del contesto socio-economico in cui versa la nostra Reggio. E’ vero, più di una volta siamo stati in disaccordo su alcune tematiche (ed il nostro pensiero in merito, di sicuro non cambia di una virgola), ma non ci stancheremo mai di ripetere che la critica, quando è costruttiva e si muove sulle basi della serietà e dell’onestà intellettuale, può essere uno strumento prezioso anche per chi la riceve. Al di là del confronto e delle valutazioni la scorsa estate questo gruppo dirigenziale ha dato vita ad un atto d’amore verso il territorio. Un atto d’amore che merita profondo rispetto, e che nessuno potrà mai cancellare o disconoscere.
GRAZIE ad un direttore che ha messo la sua esperienza e le sue competenze, al servizio di una realtà che muoveva i suoi primi passi. Anche Gabriele Martino ha dovuto pagare dazio ad una categoria che non conosceva, ma l’aver accettato l’incarico “a titolo non oneroso”, rappresenta un gesto figlio dei sentimenti più nobili, in un calcio che i sentimenti sembra averli dimenticati.
GRAZIE ad una squadra che, escludendo alcune nefaste battute a vuoto registratesi al Granillo, ha saputo rialzare la testa dopo un avvio di campionato da film degli orrori. Lavrendi e compagni sono stati un gruppo sano, unito, che ha portato rispetto alla gloriosa maglia amaranto e ad una tifoseria eccezionale. Se l’anno prossimo dovesse essere ancora serie D, siamo sicuri che con 3-4 innesti questa squadra potrà recitare un ruolo da protagonista assoluta.
GRAZIE ad un tecnico che si è rimesso in gioco nella sua città d’adozione, consapevole che si stava giocando una carta importantissima, forse decisiva, della propria carriera. Quando i suoi ragazzi annaspavano in zona retrocessione, Ciccio Cozza ha sempre garantito che la musica sarebbe cambiata, che il Reggio Calabria avrebbe lottato nei primi posti. Forse non lo rivedremo sulla panchina amaranto l’anno prossimo, ma di sicuro il mister ha svolto un lavoro importante, traendo il cento per cento dall’organico a disposizione. Una bandiera anche in panchina.
L’attenzione adesso, si sposterà su quello che riteniamo l’argomento più importante. Più importante del risultato, più importante di un ipotetico ripescaggio. Il nome REGGINA. Riottenere quel nome, simbolo di un popolo, è la vera base di (ri)partenza. E’ quella la vera vittoria, sarà quello il momento che ci farà brillare gli occhi di felicità. A ben vedere, quelle sette lettere non sono importanti. Sono indispensabili. Perché dietro il nome REGGINA non ci sono solo una partita, un terreno di gioco, una palla in rete. Ci sono un padre ed un figlio, che vogliono ancora emozionarsi oltre ogni categoria.
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