La sua figura, così carismatica, così determinante, trascende spazi e confini temporali. E poco importa se di legami con lo sport della provincia non se ne contano. Vogliamo celebrare le sue gesta, ricordando chi, forse inconsapevolmente, ha messo in atto una rivoluzione di cui ancora oggi, a distanza di 32 anni, ne possiamo ammirare i frutti.
Fuori da ogni schema, lontano da ogni stereotipo, Cruijff è l’emblema del calciatore moderno, colui che dà il là al giocatore-azienda. Dal 20% su ogni fiorino incassato oltre lo spettatore quindici mila con la maglia dell’Ajax all’avventura nel Nuovo Continente, passando per l’inusuale numero sulle sue spalle, il 14, con il quale ha fatto la storia. Anzi, l’ha riscritta.
Nei panni di calciatore e guida tecnica ha vinto praticamente tutto e parte del merito va a chi, da attaccante dalle spalle larghe è passato ad allenatore ribelle, trasformando l’arretrato calcio olandese nel prototipo di football moderno: Rinus Michels, il suo mentore.
L’ottobre del 2015 potremmo ribattezzarlo il “mese nero”. Gli viene diagnosticato un cancro ai polmoni che non lo lascia per nulla indifferente. Iniziano le cure e Johan prova a rialzarsi. Combatte contro il male che lo affligge con la stessa tenacia e lo stesso cuore che metteva in campo. In una delle ultime uscite pubbliche della sua vita dichiarò “Vinco 2-0 a fine primo tempo”. Il triste epilogo lascia intendere ad una seconda frazione triste e dolorosa. Ha perso, come poco nella sua vita.Â
Vi lasciamo con una frase che potrebbe sintetizzare l’uomo e il calciatore che è stato. “Per come ho vissuto e giocato sono (probabilmente) immortale“.
Ciao Johan, profeta del gol…
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