Il titolo del film tratto dal romanzo di Stephen King (Misery), rappresenta l’assist ideale per una storia che mai e poi mai avremmo voluto commentare. Solo che qui non si tratta di un film, qui stiamo parlando di realtà , una realtà di fronte alla quale mettersi le mani nei capelli e urlare a squarciagola: “Non è possibile…”. Questa è una storia che oscilla tra l’ordinaria follia (unico collegamento reale con “Misery non deve morire”…) ed un dissenso che non deve essere manifestato soltanto a parole o con bei discorsi “pre-confezionati”.
Lo Sporting Locri, massima espressione dello sport locrese e non solo all’interno della serie A di calcio a 5 femminile, ha deciso di chiudere i battenti in seguito alle ripetute minacce subite dal Presidente Armeni e da alcuni dirigenti del sodalizio amaranto. “Forse non siamo stati chiari, lo Sporting Locri va chiuso”, è l’ultimo, sinistro messaggio recapitato al club jonico. Chi vuole la chiusura dello Sporting? Perchè lo Sporting deve porre fine ad una vera e propria favola sportiva? Chi c’è dietro tutto questo? La criminalità organizzata? O forse, citando alla lettera l’interrogativo posto dal Sindaco di Locri Giovanni Calabrese, una mente psicopatica, piuttosto che una sparuta minoranza di balordi o invidiosi, non rientrante negli ambienti criminali? All’interrogativo, risponderanno le indagini degli organi preposti e la magistratura. Ma c’è comunque bisogno di risposte rapide, che facciano chiarezza intorno ad una situazione che getta nel cielo calabrese nubi nere, nerissime, insopportabili. Già , perché quello che è successo non è un problema di Locri, ma di un intero territorio.
Se la memoria non ci inganna, qualora lo Sporting Locri non tornasse sui propri passi, sarebbe la prima volta che una società di qualsivoglia sport o categoria, ponga fine alla propria attività a causa di minacce subite. Ancor prima di stabilire di che natura sia la provenienza di tali minacce, occorre che tale possibilità venga scongiurata. Il tam tam mediatico, che ha fatto assurgere questa vergognosa vicenda alle cronache nazionali, non può fermarsi alla solidarietà fine a sé stessa, ad un coro che nasce e muore con lo spegnersi del sole, mentre tutto intorno è scandito dalla notte più fonda. Le Istituzioni, sportive e non, hanno la possibilità di sostituire una pagina nera, con una pagina scritta attraverso i colori del riscatto e della civiltà . Stringendosi attorno allo Sporting, con forza e determinazione, e consentendogli con i fatti concreti di proseguire lo splendido cammino intrapreso. Qualsiasi altra soluzione, sarebbe non solo un danno d’immagine agli occhi di una nazione, ma anche e soprattutto l’ennesimo colpo micidiale per una intera regione, sarebbe come aprire le porte alla rassegnazione.
Lo Stato deve rispondere presente. La Federazione, l’intero sport italiano deve rispondere presente. L’opinione pubblica tricolore deve rispondere presente.
LO SPORTING NON DEVE MORIRE, perché la morte dello Sporting porterebbe ad una sconfitta atroce. La sconfitta di tutti…
* L’editoriale è privo di firma in quanto espressione del pensiero dei direttori, dei redattori, dell’intera testata di ReggioNelPallone.it
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