Di Gianpiero Versace – E così, è andata in archivio la prima sessione invernale del mercato dilettanti vissuta dai colori amaranto. La finestra dedicata ai trasferimenti tra club dilettantistici si è conclusa ieri alle 19 e la sua analisi si dimostra particolarmente complessa, di impossibile interpretazione univoca. Tante, troppe le sfaccettature da prendere in esame, già solo per la sua natura atipica, per le ulteriori parentesi che la formula stessa prevede, per le particolari contingenze dell’ASD Reggio Calabria in questa controversa stagione. Non esiste una sola lettura per l’operato amaranto, non ne esiste – a nostro avviso – una universalmente corretta.
Lo diciamo subito, se l’intenzione è davvero vincere sarà molto, molto difficile farlo. Ma atteso che non ci fossero le condizioni per poter rivoluzionare l’organico e costruire una corazzata in grado di divorare il campionato, il giudizio nel complesso non è negativo. Non sta a noi dire se è stato fatto il massimo, certamente sono emersi limiti e pregi dell’espressione calcistica cittadina.
In una valutazione che deve abbracciare più ambiti, da quello economico-societario a quello strettamente tecnico, per quanto riguarda il primo si è denotata la differenza che l’ASD Reggio Calabria paga in termini di disponibilità rispetto ai propri competitor per il vertice, Siracusa e Cavese tra tutte, che hanno ulteriormente investito. Come detto in premessa, però, ogni singolo aspetto prevede un’altra faccia della medaglia e così allo stesso modo è corretto rimarcare come non abbiano avuto il gap – quantificabile in circa 350.000 euro – assunto dagli amaranto già ad inizio stagione come “fee d’ingresso” tra ammissione alla Serie D e carenze strutturali con l’interminabile ritiro fatto a Cittanova. Un onere iniziale che, in una categoria come questa, è un macigno e fa tutta la differenza del mondo essendo equiparabile al costo di 3-4 giocatori top per la quarta serie…
In questa sessione, attraverso le operazioni effettuate, sono stati abbassati i costi di gestione, già relativamente contenuti non in senso assoluto ma rispetto alle dirette concorrenti. Ricordiamo, comunque, che questo tipo di analisi potrebbe esser decisamente parziale alla luce delle contrattazioni ancora aperte con gli svincolati e di quelle che sarà possibile intraprendere dal 1 gennaio con i professionisti. E’ probabile – e c’è da augurarselo – che alcune operazioni vengano ancora concluse dagli amaranto.
Arrivati all’aspetto tecnico i 12 movimenti sono stati suddivisi in 8 cessioni e 4 acquisti. Secondo la nostra analisi, la squadra è migliorata dal punto di vista qualitativo con gli ingressi di elementi che nell’economia del gruppo potranno pesare maggiormente rispetto a chi è partito. Esser riusciti in questo obiettivo accompagnandolo al miglioramento del bilancio del club è una significativa nota di merito. Tuttavia, l’organico è ancora incompleto in almeno un paio di settori.
Invariati i portieri, la difesa ha visto partire D’Angelo e Dentice – comprimari del girone d’andata – e Mautone, stopper titolare. E’ arrivato il solo Marco Cane che sembra poter esser un innesto importante e nell’esordio con la Gelbison ha messo in mostra una “gamba” rara. La lacuna, la più grossa e lampante dell’intero organico, è la batteria di centrali ridotta a tre unità : l’arrivo di almeno un difensore per completare un reparto in piena emergenza è un imperativo da assolvere nel minor tempo possibile. Tanti i sondaggi effettuati, l’ultimo contatto porta ad Andrea Peana (LEGGI QUI), difensore dotato di un curriculum importante svincolatosi nelle ultime ore di mercato dall’Olbia.
Il centrocampo ha visto partire Condomitti e Pescatore, comparse nella prima fase della stagione, oltre a Riva. Il regista ex Siena ha giocato spesso da titolare e dopo un avvio disastroso stava venendo fuori bene ma la sua cessione non sposta gli equilibri, specie se confortata dall’arrivo di un elemento quale Cosimo Forgione di sicuro affidamento (per la categoria) e coinvolgimento (per la piazza, a lui cara, che andrà a rappresentare).
Davanti, il rebus. Dentro Oggiano e Foderaro che pur nascendo centrocampista riteniamo al momento di dover inserire nel reparto avanzato vista la posizione nella quale è stato impiegato a Vallo e dove verrà probabilmente utilizzato anche domenica al Granillo. L’ex Palmese già nel suo esordio ha messo in mostra qualità dominanti sul piano muscolare, tattico e della personalità . Oggiano andrà scoperto maggiormente ma i numeri della sua carriera sembrano confortanti se non per fare la differenza quantomeno per aver un ruolo di rilievo nel gruppo di Cozza. Al netto delle uscite di Russo, pressochè mai impiegato, e Arena, sempre titolare ma con un grado di incisività inversamente proporzionale, il saldo resta positivo.
Ciò cui non è stato posto rimedio è invece l’infortunio di Tiboni, la rosa è sprovvista di un centravanti classico. Esistono innumerevoli varianti tattiche per sopperire alla mancanza, il calcio non ne impone certo da regolamento la presenza in campo, tutto vero. Ma una squadra che vuole proporsi per il vertice non può accettare di privarsi di una soluzione di gioco fino a febbraio quando è ipotizzabile il rientro, appunto, dell’ex Atalanta. Esser costretti a “lavorare” sempre la manovra senza poter mai alzare la palla è ciò di cui si è costantemente (e legittimamente) lamentato Cozza nel periodo del precedente stop di Tiboni: riconsegnarsi a questo limite appare paradossale. Specie nel pieno della brutta stagione, con i campi pesanti e le difficoltà nel fraseggio. Ne è cosciente anche la società , del resto, come dimostrano i contatti avuti con alcuni tra i migliori interpreti del ruolo in questa categoria, da Picci a Piemontese e Balistreri.
In sostanza, il club è riuscito nel complicatissimo compito di contenere i costi e allo stesso tempo migliorare la squadra, ma non abbastanza per renderla forte come le altre che ambiscono allo stesso traguardo, tantomeno del tutto completa. Con il primo difetto difficilmente colmabile, un paio di puntelli di livello (difensore prima di tutto e un attaccante) sopperirebbero al secondo. A quel punto si potrebbe ancora sperare in una rincorsa che comunque resterebbe equiparabile ad una vera impresa.
Impresa, appunto. Secondo il dizionario, “’intraprendere un’azione di cui sono evidenti le difficoltà e le scarse possibilità di riuscita”. Le chance sono risicate, ma esistono e la storia amaranto insegna che tutte le più grandi vittorie sono scaturite da situazioni simili. Per cui…
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