Di Gianpiero Versace – “Che ha fatto la Reggina?”
“Che domande, ha perso ovviamente…”
Ancora? Sì, ancora. Senza soluzione di continuità .
E’ ufficiale: nessun club dalle Alpi a Lampedusa regge il confronto. Nessuno come la Reggina dei record, al contrario. Ci hanno provato in molte a contenderle il meno ambito dei titoli, si sono inchinate tutte per manifesta…superiorità .
Quella che era una sensazione che da tempo si affacciava minacciosa è divenuta triste realtà dopo l’analisi di numeri, statistiche, classifiche di tutti i campionati professionistici tricolori: non esiste una squadra in Italia fedele alla sconfitta come la Reggina.
Abbiamo preso in esame un periodo di tempo piuttosto ampio, capace di racchiudere un trend più che affidabile, dal 2012 ad oggi: tre stagioni, più quella in corso. Sono 133 le partite disputate dalla Reggina/ASD Reggio Calabria nelle regular seasons dei campionati cui ha preso parte. Di seguito, l’imbarazzante score: 29 vittorie, 36 pareggi e 68 sconfitte.
Più del 50%, una partita in più della metà delle gare giocate è finita con la sconfitta amaranto. Quasi 200 i gol subiti, andamento in trasferta tragicomico che ha visto la squadra dello Stretto perdente in 42 delle 67 partite disputate lontano da Reggio. Non che l’inerzia sia differente tra le mura amiche: è il segno “2” il più comune al Granillo dal 2012 ad oggi con gli avversari braccia al cielo al fischio finale in 26 occasioni, contro 20 pari e 20 successi.
Ebbene, nessuna società che abbia preso parte ad un campionato professionistico (dalla Serie A alla non più esistente Lega Pro Seconda Divisione) dal 2012 ad oggi ha fatto peggio degli amaranto. La statistica resta valida – al netto dei club che hanno cessato totalmente l’attività – anche per le squadre che hanno disputato una sola stagione tra i prof e ora annaspano in Serie D o addirittura Eccellenza.
Ha provato a contrastare senza successo (è proprio il caso di dirlo…) la Reggina il Valèe d’Aoste, oggi in Eccellenza Piemonte/Valle d’Aosta, che ha messo insieme 62 ko. Si fermano a 60 il Sorrento (oggi in Eccellenza Campania) e il Pescara (che tuttavia 28 sconfitte le ha messe insieme in Serie A e non con la Leonfortese in casa), a 59 troviamo Bellaria Igea e Aversa Normanna, oltre quota 50 Juve Stabia, Varese, Catania, Bologna, Barletta, San Marino, giusto per citarne alcune.
Voci incontrollate, intanto, riferiscono che in casa amaranto sia già testa a testa per lo slogan della prossima campagna abbonamenti: al ballottaggio l’onesto “REGGINA: SOLO PER VERI MASOCHISTI” ed il romantico “PERDERE, INSIEME, ANCORA”.
Fin qui i numeri. Non siamo andati oltre a spulciare le statistiche dei campionati dilettantistici dalla promozione alla terza categoria per ogni regione, provincia e città d’Italia poiché richiederebbe anni, compreso il tempo necessario per le dovute verifiche ai pochi dati presenti. Non siamo andati oltre, forse, soprattutto per il timore di non trovare davvero una squadra schiaffeggiata come gli amaranto neppure nel torneo dell’oratorio.
Qualora ci fosse, rivolgiamo a questo gruppo di volenterosi pedatori, oltre alla nostra solidarietà , la gratitudine di tutto l’ambiente amaranto per aver scalzato la Reggina dal fondo. Si scherza, ma il sorriso è amaro naturalmente. Perchè c’è una bella differenza tra scendere in campo per hobby ed avere invece il compito di rappresentare la più grande città della Calabria, la settima del Meridione, tra le prime 20 d’Italia.
In tre anni e mezzo è cambiato tutto, per non cambiare nulla: vagonate di calciatori, allenatori come petali di una margherita da sfogliare sempre con il verdetto “non m’ama”, dirigenti e perfino presidenti e società . Il risultato è una crisi permanente che  – oltre a sottolineare le difficoltà che ad ogni livello stanno stritolando questa città e che si riflettono sulla sua espressione sportiva – fa affacciare il timore che Reggio non sia più in grado di esprimere un management calcistico adeguato.Â
Intanto, però, ed è forse questo il dato più significativo, sorprendente, l’unico tronco al quale aggrapparsi per uscire dal guado, c’è una passione popolare impossibile da sopire. Alla luce di quanto appena detto suona semplicemente ridicolo chi prova a suggerire che la passione per la Reggina sia svanita, al pari di chi quest’estate giudicava insufficiente il numero di 3500 abbonamenti espresso dalla tifoseria: sono 3500 atti di fede di chi ha scelto di spendere la propria domenica al fianco della squadra più sconfitta d’Italia impegnata nella quarta serie nazionale, quando appena sei anni fa si godeva la Serie A. Altre squadre sono state abbandonate all’indifferenza per molto meno.
E se non bastasse il numero di abbonati per le gare al Granillo ci sono i 1000 che hanno seguito gli amaranto a Roccella poche settimane fa, gli esodi a Messina, a Lamezia, gli irriducibili che hanno colorato gli spalti perfino a Frattamaggiore, domenica, scortando una squadra che oggi disputerebbe lo spareggio per evitare l’Eccellenza. Non è populismo affermare che prima di ogni altra cosa, di ogni obiettivo personale o aziendale, bisognerà trovare il modo di onorare e rispettare una città , un popolo, davvero capace di andare oltre risultato e categoria.
Una comunità che è semplicemente innamorata del proprio simbolo più fiero. Impossibile da piegare, sempre presente, tifando la squadra più sconfitta d’Italia.
Dinamite in attesa che qualcuno inneschi la miccia per esplodere, ancora.
“La vittoria ha tanti padri, la sconfitta è orfana”, in questo capolavoro al contrario si riesce anche a contraddire il celebre aforisma di John Keats. Qui, in riva allo Stretto, dove il successo non è più di casa la sconfitta un nome ce l’ha ed è quello che fa più male, quello della Reggina.
C’è un limite a tutto. Trovare una soluzione a questo scempio non è più una missione meramente sportiva ma un obiettivo sociale. Senza voler mischiare il sacro al profano, specie in un’attualità che vede in la nostra terra piegata da una catastrofe naturale, rialzare la Reggina è un dovere civico.
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