(INTERVISTA ESCLUSIVA RNP) Nevio Scala, storico tencico della Reggina dal 1987 al 1989 e protagonista di quell’indimenticabile stagione culminata nel drammatico spareggio con la Cremonese, è stato ospite, in esclusiva, di Reggionelpallone.it. In una lunga intervista, con la consueta disponibilità, Scala s’è espresso su vari argomenti. Dal momento vissuto dalla Reggina e le cause che hanno determinato questa deludente annata al ruolo dell’allenatore nel calcio moderno, dai suoi ricordi dell’esperienza in riva allo Stretto all’ipotesi, ventilata all’epoca dell’esonero di Iaconi, di un suo ritorno sulla panchina della Reggina.
Una vittoria fondamentale quella raccolta dalla Reggina sul campo dell’Ancona…
“Credo sia stata una grande iniezione di penicillina per una squadra che m’era sembrata in grande difficoltà a tutti i livelli, da quello tecnico a quello dirigenziale”.
Adesso la sfida interna con il Toro, con quali prospettive affronta il finale di stagione la Reggina e, a suo modo di vedere, quante chance ha di mantenere la categoria?
“Ho visto il Toro a Modena ed è una squadra in grande salute sotto il profilo atletico, sono molto concentrati ed hanno entusiasmo: ci vorrà la miglior Reggina. Mi auguro gli amaranto possano riuscire a fare bene, se riuscissero a raccogliere i tre punti la strada verso la salvezza sarebbe in grandissima discesa”.
Annata indecifrabile quella della Reggina. Partita per un obiettivo sospinta dal coro unanime degli addetti ai lavori che la dipingevano come la squadra “ammazza campionato”, si ritrova adesso tristemente impelagata nella bagarre retrocessione. A cosa può esser dovuto un tonfo così fragoroso ed imprevedibile e come, secondo lei, può influire nel rendimento d’una squadra affrontare una nuova stagione con i “favori del pronostico”?
“Non credo che i pronostici possano condizionare il rendimento d’una squadra, secondo me sono stati commessi degli errori di valutazione durante l’estate. Probabilmente Novellino non è riuscito a creare l’ambiente giusto: nel calcio la cosa fondamentale è stabilire un contatto valido con i giocatori, la psicologia conta più dei numeri e dei moduli. Il compito della società dev’esser quello di esser sempre molto presente, lasciare spazio all’allenatore mantenendo però le gerarchie, specie durante l’allestimento della squadra. Far capire, invece, che in B nulla è scontato e che nessuna squadra vince in partenza è compito esclusivo del tecnico”.
In cosa consiste allora, più precisamente, il ruolo dell’allenatore nel calcio di oggi?
“Le rispondo con un esempio. Il mio Parma non era partito per vincere ma per gettare basi soddisfacenti ed in linea con le mie idee di gioco. Io non ho mai fatto il nome d’un giocatore ad un mio dirigente: esprimo semplicemente indicazioni sulle caratteristiche di cui ho bisogno, la scelta è compito esclusivo della società. Il calcio è fatto di cose semplici, quando ognuno si limita a far quello per cui è stato assunto senza confondere i ruoli è difficile si fallisca. Infine, la bravura d’un allenatore si misura dalla sua capacità di esaltare le caratteristiche del gruppo di cui dispone, un allenatore inchiodato al proprio modulo senza riuscire a modificarlo secondo le esigenze rischia di diventare dannoso per una squadra”.
Sono passati più di vent’anni dalla sua ultima esperienza tra i cadetti. Era alla guida di una Reggina storica, quella che mancò la promozione ai rigori contro la Cremonese, una squadra che tuttora vive nei ricordi di tutti gli sportivi reggini. Cosa le è rimasto dentro di quella stagione e di tutta la sua esperienza in riva allo Stretto?
“Armenise, De Marco, Catanese, sento ancora molti dei giocatori di quella mia Reggina. Quelli di Reggio sono stati i due anni più belli della mia carriera, anche più di quelli pieni di successi di Parma. Ero giovane, pieno di idee ed entusiasmo, il calore di una piazza con la quale abbiamo condiviso un sogno comune: tutto semplicemente fantastico, un ricordo indelebile”.
E quella partita all’Adriatico di Pescara…
“Non sono ancora riuscito a mandarla giù, proprio Onorato ed Armenise: non avevano mai fallito dal dischetto durante la stagione!”.
Quanto, ed in cosa, è diversa la Serie B attuale rispetto a quella di due decenni fa?
“A livello tattico, in fondo, credo sia cambiato pressoché nulla. Sto seguendo molto la B, vedo almeno una partita a settimana e quello che ho notato è soprattutto un livellamento verso il basso, la qualità media è diminuita. Il calcio un tempo era più divertente, lo vivevamo con maggiore serenità ed i calciatori pensavano sono al rettangolo verde senza curarsi troppo di tutto il resto: ne giovava lo spettacolo”.
Dalle sue parole traspare una certa malinconia per un calcio che non c’è più ma anche un ritrovato interesse, le è tornata la voglia d’allenare Mister?
“Assolutamente sì, mi sono nuovamente immerso in quello che è e rimane il mio mondo: il calcio. Ho girato il mondo e mi sono aggiornato, quest’anno sto seguendo centinaia di partite, ho maturato nuove convinzioni. Ho ritrovato, fortissima, la voglia di misurarmi ancora con il campo”.
Tre allenatori si sono susseguiti sulla panchina amaranto in questa terribile stagione. Quando è stato allontanato Iaconi, il suo nome è circolato nel ventaglio dei possibili sostituti. Quanto c‘è di vero e come avrebbe accolto un’eventuale proposta?
“Credo che il mio nome in quell’occasione sia circolato perché ero allo stadio per vedere Vicenza – Reggina. Io però al Menti ero andato semplicemente per vedere gli amaranto, non ho avuto nessun contatto con la dirigenza. La mia eventuale risposta? Io non dico mai di no senza valutare il progetto sportivo, figuriamoci alla Reggina. Certamente non ne avrei fatto una questione economica: tutto quello che chiederò, ed avrei chiesto, saranno garanzie tecniche per poter proporre al meglio il mio calcio”.
L’intervista si chiude con una raccomandazione, “Faccia un grosso in bocca al lupo alla Reggina, mi raccomando…”. Nevio Scala non ha dimenticato lo Stretto, Reggio non ha dimenticato lui.
Gianpiero Versace
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