“Tutto si decide oggi. Ora noi o risorgiamo come squadra o cederemo un centimetro alla volta, fino alla disfatta. Siamo all’inferno adesso, signori miei. Credetemi. E possiamo rimanerci, farci prendere a schiaffi, oppure aprirci la strada lottando verso la luce”. Negli spogliatoi del Granillo saranno risuonate le parole roche e profonde di Al Pacino. “Ogni maledetta domenica” da finzione diventa realtà in un pomeriggio di maggio a Reggio Calabria. Ci sono giorni e giorni, partite e partite. Oggi, però, si fa la storia.
E’ Reggina-Messina. E’ il derby. E’ La partita. E stavolta vale addirittura per la sopravvivenza. Il terreno arde: si gioca in un vulcano. Venti minuti durante i quali le due squadre non si danno del lei e passano subito alle vie di fatto: inizio ruvido, il Messina lamenta un fallo da rigore ma sono gli amaranto a fare la partita. Armellino si arrende ad un problema fisico e lascia spazio a Maimone. Equilibrio, fino a quando Zibert non disegna un arcobaleno che innesca Insigne e gli oltre 10000 del Granillo assistono a qualcosa di surreale: non è uno scatto, il napoletano vola sull’erba a velocità doppia rispetta a Stefani e batte Berardi con un piatto sinistro. Un tuono scuote il pomeriggio di Reggio: amaranto avanti.
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Il guizzo arriva a metà primo tempo ma non spacca la gara, il copione resta immutato. Agonismo, tanto. Occasioni, poche. Il Messina alza leggermente il baricentro, Tedesco ridisegna i suoi arretrando di 10 metri la posizione delle ali Insigne e Di Michele disponendosi a specchio con il 4-5-1 scelto da Di Costanzo per approcciare il derby. Senza sussulti, ma con il tempo scandito dallo spettacolo delle due tifoserie, la gara si concede l’intervallo.
Il tunnel sputa gli stessi 22 che proseguono ciò che avevano temporaneamente sospeso. La Reggina lascia l’iniziativa, forse un po’ troppo ad essere onesti, agli ospiti affidandosi al contropiede. Questa la trama che porta Maimone a liberare un mancino che sfiora il palo. Sessanta secondi e Di Lorenzo scalda le mani del portiere peloritano. Quando scocca l’ora di gioco arriva il primo tiro in porta del Messina ma Damonte trova pronto Belardi. Di Costanzo incoraggia i suoi inserendo la seconda punta, Orlando, per Izzillo. Reagiscono gli uomini di Tedesco e pareggiano il conto “dei rimpianti arbitrali” lamentando un abbraccio troppo caloroso in area tra Altobello e Di Michele.
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La partita scorre sul filo della tensione, di scatti nervosi. La Reggina prova ad avvolgere, i giallorossi sentono il tempo stringere e si scoprono leggermente di più. Per il rush finale i calabresi imbottiscono la retroguardia: c’è Ungaro per Di Michele, Benedetti si alza a centrocampo. Il tecnico si affida ad un ragazzo del ’95 in mediana che merita una considerazione a parte. E’ Salandria a caricarsi sulle spalle la Reggina con una prestazione sontuosa, commovente.
Si inizia a vedere il traguardo dell’incontro e, a sorpresa, nel suo momento di maggiore pressione, il Messina barcolla. Viola si libera della pressione e disegna un pallonetto dal limite, folle e bellissimo, chiamando al miracolo Berardi. Subito dopo un tiro cross di Ungaro rade il palo con il portiere battuto. Ma è il segno della resa, almeno per oggi, dei siciliani.
Una vittoria, quella amaranto, che ribalta la situazione in ottica salvezza regalando alla Reggina la possibilità di giocare al San Filippo con due risultati su tre a disposizione. Servirà una gara d’onore e cuore. Un’altra, finalmente lo possiamo dire. Perchè oggi, gli amaranto, hanno vinto anche e soprattutto sorreggendosi su queste qualità.
Insigne entra nella storia decidendo il derby di andata. Per la leggenda, appuntamento a sabato a Messina.
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