“Ci siamo confrontati da uomini, ci giochiamo tutto contro l’Aversa: vogliamo dare dignità a questa maglia”. In una sala stampa surreale, si era aperta con largo anticipo la vigilia del match odierno già lo scorso mercoledì, appena dopo il tremendo k.o. con la Vigor. Parole importanti, cariche di significato, che avevano assoluta necessità di esser seguite dai fatti per assumere reale valore. La Reggina sbanca Aversa, godono finalmente gli amaranto che non conquistavano i tre punti lontano dalla Calabria dallo scorso settembre e regolano la diretta concorrente con una prestazione di orgoglio e determinazione che tiene accesa la speranza. Con il Melfi, al Granillo nel prossimo turno, non ci saranno probabilmente i diecimila tifosi auspicati, certamente ci sarà una squadra ancora viva che proverà a giocare le ultime fiches rimaste al tavolo di una disperata salvezza.
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FORFAIT ARONICA – Alberti si affida nuovamente alla difesa a 3, ma è immediatamente costretto a rivedere le sue scelte quando Aronica, dopo appena due giri d’orologio durante i quali si rende protagonista di un intervento sospetto che avrebbe potuto portare al rigore, alza bandiera bianca per un problema muscolare. Alberti spende subito una sostituzione e lancia Ungaro. Invariato l’assetto tattico con la coppia rapida davanti Viola-Insigne.
SPETTACOLO ASSENTE – Che quella tra Aversa e Reggina sia la partita dell’anno è cosa nota da entrambe le parti: 90′ di incommensurabile valore per il prosieguo della stagione che si traducono in un nervoso rimpallo di palloni piuttosto casuali da una metà campo all’altra, senza uno straccio di idea. Come se non bastasse il quoziente tecnico tutt’altro che eccelso delle due squadre, il terreno di gioco del Bisceglia, ai limiti della praticabilità e assolutamente indegno di un campionato professionistico, influisce ulteriormente in una partita poverissima di contenuti, sorretta solo dall’agonismo.
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KOVACSIK IN CATTEDRA – La Reggina attende l’avversario nel duplice intento di occupare gli spazi a disposizione della manovra normanna e distendersi una volta recuperata la sfera, sfruttando la rapidità della coppia d’attacco cui i centrali campani pagano inevitabilmente dazio nello spunto in velocità . Dopo un avvio incerto la squadra dello Stretto alza il baricentro, appoggiandosi sul brio di Viola chiamato a recitare anche per conto di un Insigne assente ingiustificato. Non ci sono brividi per Lagomarsini, il pomeriggio di Kovacsik viene movimentato solo allo scadere con una punizione di Amelio che scheggia il palo ed un destro di Mosciaro sul quale l’ungherese compie un capolavoro per consegnare il risultato in parità all’intervallo.
IL GRAFFIO DI VIOLA – Tredici punti nelle ultime 5 gare (più di quanti la Normanna ne avesse fatti nelle precedenti 24) fanno dell’Aversa un avversario da affrontare con rispetto. La Reggina dosa le energie, pur sapendo di dover necessariamente puntare al bottino pieno. Ad inizio ripresa si palesa improvvisamente Insigne: sarà una comparsa, ma decisiva. L’unico pallone giocato produttivamente dal napoletano fino a quel momento incontra il braccio di Magliocchetti, è rigore: Viola spiazza il portiere e porta avanti gli amaranto.
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REAZIONE AVERSA – Il gol spezza l’equilibrio e squinterna il ritmo di gioco che subisce un’accelerata con i granata all’arrembaggio. Reggina a difesa del fortino, caricata sulle spalle di un Cirillo gigantesco. Spingono i campani, Di Lorenzo e Kovacsik disinnescano in tandem una grande chance per gli avversari. L’Aversa produce il massimo sforzo, gli animi si accendono quando i padroni di casa non restituiscono agli amaranto un pallone allontanato da Kovacsik per favorire i soccorsi ad un avversario rendendo epico l’ultimo quarto d’ora di gioco.
FINALE CARDIOPALMA – Masini rileva Viola, e lo fa bene lottando con personalità , calamitando palloni e falli utili a far respirare i suoi, ma non ci sono più schemi o sistemi di gioco, in campo restano solo sudore, attenzione e concentrazione. La propensione al sacrificio è l’unica discriminante in grado di incanalare le sorti del match. Gara da uomini, dunque, occasione perfetta per gli amaranto di dimostrare di esserlo: lo fanno, chiudendo a braccia alzate una partita interminabile.
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