EPIFANIA AMARANTO – Il nuovo anno porta una grande, felice novità al Granillo. Probabilmente la più attesa, l’unica davvero imprescindibile, alla luce delle ultime sconcertanti uscite della Reggina, quantomeno per provare a dare un senso al prosieguo della stagione: in campo, finalmente, c’è una squadra. Con tutti i suoi limiti, ovvio, che restano evidenti, pesanti, oggettivi dal punto di vista della quota tecnica. Eppure la Reggina, questa Reggina, mostra anima. Un istinto di sopravvivenza, un soffio di quell’amor proprio venuto a mancare negli ultimi mesi che non è un azzardo considerare tra i più tristi in oltre un secolo di vita del Club.
Il differente approccio degli undici ragazzi di Alberti, questa sera vestiti d’amaranto non solo per onor di firma ma decisi a vender cara la pelle, avrà come conseguenza numerose altre note liete: il ritorno al gol ed alla vittoria, la rinnovata possiblità di mantenere il calcio professionistico, un’identità orgogliosa finalmente apprezzata dalla tifoseria presente quest’oggi nell’impianto di via Galilei.
NUOVA VESTE TATTICA – Andiamo per ordine. Alberti, contrariamente a quanto provato al rientro dalle Feste, presenta una formazione più abbottonata rispetto all’atteso 4-3-3. La differenza sta negli esterni, Salandria e Giucj, cui è chiesto di abbassarsi sulla linea degli interni di centrocampo, Armellino e Maimone, a protezione di Mazzone, giovanissimo talento made in S.Agata, schermo davanti alla difesa. Scelte obbligate dietro, con gli unici quattro difensori disponibili dopo la diaspora che ha visto andare via, oltre ad Aquino, anche Crescenzi e Syku. Così, davanti a Kovacsik, in attesa di Belardi e Cirillo, il tecnico amaranto sceglie la linea Ungaro-Camilleri-Di Lorenzo-Karagounis. Davanti, Viola riferimento offensivo del 4-1-4-1.
KOVACSIK SALVA LA REGGINA – La gara è vibrante fin dall’inizio, il valore della contesa è sostanziale: è solo il 6 gennaio, l’incontro chiude il girone d’andata ma una sconfitta, che sarebbe l’ottava consecutiva per gli uomini di casa, potrebbe compromettere definitivamente le già risicate speranze salvezza della Reggina. A partire meglio però è il Martina che in due minuti vede i centrali difensivi della Reggina raccogliere altrettante ammonizioni e, nello stesso margine di tempo, trova due occasioni, entrambe con Montalto. Kovacsik mette in angolo un suo bolide da 20 metri, poi è chiamato al miracolo per opporsi ad una sua girata dal cuore dell’area. Niente di nuovo, se non che gli amaranto versione 2015 reagiscono positivamente alla pressione, con un piglio gagliardo, addirittura con feroce intensità in alcuni tratti della gara. E appena si affacciano nella metà campo avversaria spezzano l’incantesimo.
BABY GOL – Viola lavora con maestria un pallone sulla trequarti, sottraendosi alla pressione dei difensori libera spazio all’inserimento di Maimone che affonda sulla corsia di destra ed è bravo a trovare a rimorchio Giucj, abile a sbattere il pallone in rete al volo. Lo sparuto pubblico del Granillo, disabituato alla gioia del gol che non assaporava addirittura dal 2 novembre (Reggina-Aversa, Louzada) esplode in un esultanza rabbiosa per celebrare il primo guizzo in carriera del giovanissimo attaccante di origini albanesi. Il primo tempo scorre in pieno controllo, merito di una Reggina aggressiva, quadrata, concentrata. Al rientro negli spogliatoi al Granillo risuona una melodia antica, quella degli applausi.
SUDORE E TENSIONE – La ripresa è arida, povera, poverissima di contenuti tecnici. E’ una guerra di nervi, è lotta senza quartiere, è agonismo puro. E’, soprattutto, per la Reggina paura di veder scivolare via un risultato positivo imprescindibile per credere nell’impresa salvezza. Gli amaranto si sacrificano in ogni zona del campo, sorretti da un monumentale Mazzone che ara il campo con grinta proverbiale e con una saggezza tattica impronosticabile considerata l’età e da un Maimone encomiabile in entrambe le fasi di gioco. Scorrono i minuti e la Reggina si arrocca sempre di più a protezione dell’area di rigore, Kovacsik pulisce l’area con almeno tre uscite provvidenziali. A cavallo del 90′ Camilleri guadagna un’espulsione frutto del nervosismo che trasuda in campo. E’ assedio. Ma il fortino regge.
GODE IL GRANILLO – Il fischio finale è una liberazione. La squadra vibra di gioia pura e si fonde al pubblico: la vera impresa degli amaranto, questa sera, non è quella di aver conquistato una vittoria vitale. E’, prima di tutto, averla raccolta con un orgoglio straordinario, capace di risvegliare persino l’animo sopito di una tifoseria che ha accompagnato i minuti finali con una palpitazione che da tempo immemore non si respirava a queste latitudini. “Si vince solo con il cuore” urlano i cuori amaranto. Pochi, ma sinceri. Miglior abbrivio non poteva esserci. L’impresa è ancora possibile.
Anno nuovo, vita nuova. Almeno si spera…
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