Mettetevi comodi.
No, non lasciatevi ingannare. Il racconto del 2014 amaranto, sportivamente appena concluso, non prevede trame avvincenti e le righe che seguiranno non esorteranno certo al relax. Tantomeno trasmetteranno (a patto non siate tifosi del Messina…) piacevoli sensazioni da gustare, appunto, nella posizione più consona. “Mettetevi comodi”, questa volta, è un avvertimento. Vale un, “mettetevi seduti”, esattamente come quando ci si appresta a dare una brutta notizia all’interlocutore.
E’ un’esortazione: malgrado la debacle amaranto sia già ampiamente di pubblico dominio, la penna che ha scritto le pagine della Reggina Centenaria è purtroppo intinta nel peggiore sadismo. E’ stata particolarmente crudele. La sceneggiatura scelta è il dramma. Aver evocato, nel titolo, la struggente opera memorialistica di Primo Levi è ovviamente una forzatura, è bene precisarlo. Per ripercorrere gli ultimi 12 mesi, tuttavia, chi ha a cuore gli amaranto dovrà prepararsi ad un esercizio doloroso.
Tempo di bilanci. Istruzioni per l’uso. Occhio al calendario, segnate due date: 1 febbraio e 2 ottobre 2014. Soltano in questi due giorni e in nessun’altro dei 365 dell’anno solare, il Granillo ha alzato le braccia al cielo dopo il triplice fischio dell’arbitro. Sono le due, uniche, misere vittorie interne della Reggina sommando il girone di ritorno di B e l’andata della Lega Pro, ottenute rispettivamente con Lanciano e Cosenza. Soltanto 5 successi totali, con le vittorie sui campi di Bari, Carpi e Paganese. Abbiamo appena iniziato, eppure le note liete sono già terminate.
L’anno era partito, sportivamente, in un gelido pomeriggio di gennaio. Non uno qualsiasi. Era l’11, di gennaio. Mentre un vento gelido spazzava il Granillo, nel giorno del 100° anniversario della fondazione del Club, un manipolo di (encomiabili) innamorati popolava la Sud per rendere onore non a quella banda di calciatori che stava completando l’allenamento quotidiano, piuttosto alla storia della maglia che avrebbero da lì a poco nuovamente indossato e ulteriormente vilipeso.
Una Reggina indecorosa aveva chiuso il girone d’andata davanti alla sola Juve Stabia. Se poteva esser pronosticabile la retrocessione, era veramente complicato, in quel momento, immaginare che il peggio dovesse ancora venire. Specie dopo le prime due uscite del nuovo anno: colpaccio a Bari e vittoria casalinga, appunto, con il Lanciano. Si rianima l’ambiente, si rivede la luce. E’ notte fonda appena qualche settimana dopo quando la Reggina inanella due pareggi, la sconfitta di Novara e quella (sanguinosa, 3-4 finale) con il Varese. Da lì in poi un tuffo negli abissi della disperazione per una retrocessione quantomai meritata.
Non basta, perchè concluso un campionato indecente la Reggina è ad un passo dalla scomparsa. I debiti soffocano la società, la documentazione propedeutica all’iscrizione in Lega Pro viene presentata oltre la prima scadenza (ancora attesa l’ulteriore, inevitabile penalizzazione) e si avvia ad una nuova stagione con un gruppo di ragazzotti per lo più made in S.Agata. L’unica ambizione (e dovere) è di vender cara la pelle mostrando orgoglio, nessuna pressione da parte di un ambiente che dimostra maturità nel comprendere il momento di grande difficoltà del Club.
Non riuscirà, questa Reggina, nemmeno in questo obiettivo minimo. Dopo un avvio più che incoraggiante, l’opera che Cozza stava modellando con sapienza si sgretola giornata dopo giornata, incenerita da una pochezza morale prim’ancora che tecnica di quei calciatori che hanno tradito il mister, la società, la tifoseria e soprattutto (sono giovani, un giorno lo capiranno) se stessi. Gli amaranto chiudono l’anno con uno score che non ha bisogno di spiegazioni e non ammette alibi, per nessuno: ultimo posto, sette sconfitte consecutive, altrettante gare senza violare la porta avversaria.
I numeri, dunque, dell’annus horribilis. Nel 2014, la Reggina ha vinto 5 partite, ne ha pareggiate 10, perse 24. I gol segnati sono stati 32 contro i 63 (sessantatre!) palloni raccolti dalla rete dai portieri che hanno difeso i pali amaranto. Il pubblico del Granillo ha visto per 10 volte gli avversari festeggiare, con la squadra dello Stretto capace di raccogliere tra le mura, un tempo amiche, soltanto 7 pareggi e, come detto, due umili vittorie.
Così, il Centenario. Con una retrocessione già acquisita ed una nuova quantomai prossima. Con un prologo simile, non possiamo biasimare chi ritenga utopistico il rilancio nel 2015. Eppure, spazio ce n’è. Sarà necessario credere in qualcosa di non ordinario, ovvio. Esattamente come poteva esserlo, al contrario, soltanto nel maggio 2009 mentre la Reggina salutava la Serie A, ritenere possibile che appena cinque anni più tardi (senza nessun fallimento a viziare i verdetti del campo) la stessa squadra potesse esser ad un passo dai Dilettanti.
Non ordinario, concretamente, sarebbe vedere finalmente il Club agire sul mercato con prepotente determinazione malgrado le difficoltà economiche. Sarebbe vedere uomini, per usare le parole di mister Alberti, “coraggiosi, disposti ad accettare una grande sfida: portare alla salvezza questa Reggina”. Sarebbe godere, finalmente, di una squadra che in campo sappia mostrare orgoglio ed amor proprio, umiltà e grinta, determinazione. Quelle caratteristiche, insomma, che hanno fatto di questa squadra, nei decenni, un vessillo di questa città e che oggi sembrano irrimediabilmente smarrite.
Se quest’annata era il dazio da pagare al dio del calcio per tutte le gioie raccolte dalla Reggina nel ventennio tra il 1988 ed il 2008, possiamo ritenere con certezza che almeno questo debito sia estinto. Il pallone resta tra i piedi amaranto: ancora 20 partite per evitare l’esordio della squadra di Reggio Calabria in una Serie D mai conosciuta in un secolo di orgogliosa storia.
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