A distanza di tre giorni dal tracollo di Padova, sono tanti gli interrogativi tappezzati d’amaranto. Domande e timori frutto di una Reggina inconsistente, povera di idee ed ossigeno e, quel che più preoccupa, priva di nerbo e orgoglio. Ma come, vi domanderete, non doveva essere una squadra composta da ragazzi attaccati alla casacca e desiderosi di far dimenticare il passato? Sì, ma solo i baldanzosi giovanotti non possono essere presi di mira. Hanno bisogno di una guida, non spirituale, in campo e non mandarli alla deriva. I 45’ minuti al fulmicotone con il Crotone hanno un po’ illuso, perché nella seconda parte di gara si è sofferto maledettamente. A Siena il primo ceffone, mentre col Piacenza, pur non ripetendo la prestazione di due settimane prima, sono stati raccolti i primi 3 punti tutti in una volta. Venerdì all’Euganeo, la disfatta. Meglio adesso, anziché più avanti? Che magra consolazione. Atzori ha molto da lavorare per plasmare una squadra che tale, al momento, sembra esserlo solo in linea teorica.
E’ altrettanto vero si debba dare alla preparazione fisica, studiata dal prof Simionato, il tempo di raggiungere la maturazione. Non si può negare però, che i primi 360’ di questo campionato abbiano evidenziato tutti i limiti della squadra e sarebbe pericoloso tanto sottovalutarli quanto esasperali. Il reparto maggiormente sotto accusa è quello arretrato, con 6 reti subite nelle due trasferte: 2 a Siena, il doppio a Padova. Troppi. Anche per un settore rivoluzionato rispetto allo scorso torneo (4 calciatori su 4 non vestivano la maglia amaranto, anche perché Adejo solo con l’avvento di Breda viene inventato “centrale” difensivo) e che ancora non riesce ad esprimersi attraverso movimenti corali. Spesso si trova a dover affrontare gli avversari in inferiorità numerica, questo perché il resto della squadra non riesce ad accorciare rapidamente né a fare filtro. Giudicare i singoli e dare un voto non è proprio il caso, perché dal portiere all’ultimo difensore impiegato nessuno è stato impeccabile. Il tempo come medicina. Tempo utile a conoscersi, tempo produttivo a trovare compattezza come gruppo, tempo adeguato infine ad inserire i nuovi e recuperare “vecchi” (Costa e Giosa) in grado di dare una grossa mano al reparto.
Il centrocampo, settore chiave, forse è quello più in difficoltà. In fase di non possesso è chiara una frattura tra linea mediana e difesa. Quando c’è da costruire, invece, preoccupano la lentezza e le difficoltà ad allargarsi con profitto sulle fasce e mai verticalmente. L’intesa tra Viola, Missiroli e Rizzo sarà comunque in divenire, perché nessuno si fa carico dell’altro e Missiroli in quel ruolo (quale?) non rende come dovrebbe. Non è la fascia di capitano a farlo stare male, ma la zona del campo dove deve stazionare. L’attacco è un’altra nota dolente. Appena 1 gol, quello inutile di Bonazzoli a Siena e poi buio fitto. Doveva essere il reparto meno preoccupante ed invece si sta rivelando quello con più problemi. Con 6 attaccanti in organico e tanti trequartisti o seconde punte ( (l’unica vera prima punta è Bonazzoli, che cerca il riscatto come Zizzari), forse sarebbe il caso di rivedere un po’ il modulo. Perché l’attacco sarà e dovrà essere il fulcro dei successi, senza aspettare il tiro della domenica o l’impatto provvidenziale dei difensori per piegare l’avversario di turno.
Lorenzo Vitto-Reggionelpallone.it
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