Di bandiera in bandiera, continua il viaggio di Tutti figli di Pianca, trasmissione di Touring 104, nella storia della Reggina. E’ oggi il turno di una colonna: il suo nome è Maurizio Vincioni. “Un onore aver fatto parte della storia calcistica di questa città – assicura lo storico terzino di origni romane – Reggio è dentro di me e fa parte della mia famiglia: mio figlio, che oggi ha 20 anni, è nato a Melito ed è anche in grado di parlare il dialetto calabrese (ride divertito, ndr). Ho fatto parte di una Reggina fantastica, è una fortissima emozione sentire che ancora così tanta gente si ricordi di noi in riva allo Stretto. Quello stadio, quell’immagine del Comunale stracolmo resta dentro di me”.
I legami con il suo passato amaranto non si sono mai interrotti. “Ho incontrato tanti ex compagni in questi anni, ho abbracciato Maurizio Poli l’anno scorso ad Aprilia. Siamo invecchiati (ride ancora, ndr) ma è stato bellissimo rivederlo”. Il suo presente? Vincioni ha intrapreso la carriera da tecnico. “Quando ho smesso di giocare ho fatto l’allenatore in seconda con Stringara a Taranto ed alla Cavese, poi ho intrapreso un percorso da allenatore in prima vincendo il campionato in Eccellenza e venendo esonerato dopo appena due giornate nel campionato successivo: purtroppo, perfino a questi livelli, non c’è pazienza e la parola ‘progetto’ resta utopia”.
La partita indimenticabile con la Reggina, per Vincioni, è quella del Partenio di Avellino, decisiva per il ritorno in B. “Non potevamo sbagliare, dovevamo almeno pareggiare, un vero spareggio. Alfredo (Aglietti, ndr) fece gol ma bisogna ricordare tutti, da Mariotto a Cevoli, Marin, Carrara e una nota di merito per Maurizio Poli che scese in campo con la sua solita, straordinaria grinta nonostante avesse avuto un lutto in settimana. Ero sicuro, comunque, che quell’anno avremmo vinto il campionato: avevamo un allenatore preparato tatticamente che sapeva dare fiducia ad un gruppo legatissimo che, peraltro, anche dal punto di vista tecnico, era superiore alla concorrenza”.
Sei anni in riva allo Stretto. Un unico episodio da dimenticare. Tutto il resto, è nella leggenda amaranto e nella sua memoria, per sempre. “Ruppi tibia e perone a Reggio Calabria e quell’anno finì con la retrocessione, gli altri 5 anni sono stati perfetti, fantastici. L’ultimo campionato è stato quello concluso con la salvezza in B raccolta a Reggio Emilia, ma non ho mai smesso di seguire la Reggina: quando ne parlo, sento un grande brivido dentro di me”.
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