Il palo colpito da Insigne dal dischetto allo scadere ferma una Reggina che strappa applausi. Ancora una volta, il risultato non rispecchia la qualità del gioco espresso dagli amaranto che con organizzazione, determinazione, cuore ed orgoglio hanno messo in ginocchio una formazione arrivata a Reggio con i gradi (meritati) della grande rivelazione. I ragazzi di Cozza si macchiano del crimine, fatale, di non esser riusciti ad affondare il colpo vincente. Resta la grande prova, che non fa classifica. Guardarla, stasera, mette i brividi. Apre Louzada, risponde Raffaello: pari al Granillo. Domenica, vitale il derby a Lamezia.
Non è una notte come le altre, non può esserlo per la Reggina. “Daniel lotta come un Leone”, recita lo striscione srotolato dai tifosi in Gradinata: Reggio si stringe intorno al giovane portiere impegnato a combattere per una gara decisamente più importante. Ai suoi compagni il dovere di onorarlo facendo lo stesso, sul terreno del Granillo. Cozza conferma l’undici atteso: panchina per i rientranti Crescenzi e Viola, c’è Ungaro in difesa con Masini al centro dell’attacco. E’ ancora 4-3-3.
C’erano due modi per reagire, dopo quanto successo nei giorni scorsi a Daniel Leone. Al bivio tra lo sconforto e l’orgoglio, gli amaranto hanno imboccato quest’ultima via, riversando in campo energia e rabbia fin dal principio. Il primo tempo è un monologo. I ragazzi della squadra dello Stretto arano il campo in lungo ed in largo, soffocano i laziali.
In apertura, Di Lorenzo spara a colpo sicuro dal cuore dell’area: tiro deviato, d’un soffio alto. Dall’Oglio raccoglie il pallone a centrocampo ed imbecca Masini, il diagonale del centravanti è bello ma largo. Minuto 22: Rizzo, ancora una volta (una volta di più) con un lancio illuminante urla la sua superiorità rispetto alla categoria e serve Louzada alle spalle della difesa avversaria. Stop a seguire, destro violento: gol, finalmente. Si sblocca il brasiliano, vantaggio Reggina celebrato con una maglia, “Forza Leo”, che miscela la gioia alla commozione. C’è spazio anche per una serpentina di Insigne che porta i ragazzi di Cozza ad un passo dal raddoppio, non c’è traccia invece della matricola terribile rivelazione del campionato: Lupa Roma non pervenuta, squadre negli spogliatoi.
La gara riparte com’era finita, tanto negli uomini quanto nell’inerzia in campo. La Reggina spinge, Lupa alle corde. Insigne sembra non aver la confidenza con la rete dei giorni migliori e svirgola da posizione favorevolissima. La legge del calcio, atroce per chi la subisce, si materializza al Granillo: per la prima volta gli ospiti ribaltano l’azione e Perrulli pesca Raffaello sul secondo palo, libero di depositare in rete.
Reggina beffata che traballa per alcuni minuti e deve affidarsi a a Kovacsik, strepitoso in due occasioni sui diagonali di un indiavolato Perrulli, per distacco il migliore dei suoi. Riorganizzate le idee e ritrovata lucidità gli amaranto riprendono a martellare offrendo una sensazione di costante pericolosità. Palloni su palloni rimbalzano nell’area avversaria respinti con un sincero, palese affanno dai laziali, Cozza gioca la carta Viola per Louzada. Non c’è respiro: Karagounis disegna cross come lame per la difesa di Cucciari: l’impatto di testa di Masini non è vincente, così come il sinistro a giro di Insigne che trova pronto Rossi. Un assedio cui partecipa anche il baby Gjuci.
Gara stregata? Proprio così. Insigne non si arrende, per fermarlo devono stenderlo: è rigore. Amarezza senza fine perché la migliore Reggina della stagione resta al palo: quel legno colpito dagli undici metri dallo stesso capocannoniere.
Gianpiero Versace – Reggionelpallone.it
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