Coerenza e fedeltà . In quindici anni di carriera, le valigie di Lorenzo Stovini non hanno subito eccessive sollecitazioni. Sostenuto un progetto, il difensore toscano era abituato a farlo suo, immergendosi totalmente nella realtà che lo circondava. Poche le maglie indossate (manca l’amata viola), tutte con attaccamento e abnegazione. Le coincidenze felici portarono Stovini sulla strada di una Reggina che si affacciava per la prima volta, e con notevole entusiasmo, al luccicante mondo della serie A: “Ricordo con enorme piacere i due anni vissuti in riva allo Stretto. In città non si parlava d’altro, si respirava Reggina e basta. Emozionante l’esordio a Torino, con 5 mila tifosi amaranto a sostenerci. Sono state due stagioni molto importanti per la mia carriera“. Nessuna deroga al regolamento, anche al Granillo si giocava undici contro undici anche se l’impressione era diversa…: “Lo stadio era stracolmo, ricordo contro la Fiorentina alla seconda giornata di aver visto tifosi anche aggrappati ai lampioni, roba da non crederci. La passione bruciante ci coinvolgeva, era impossibile non dare tutto per la maglia amaranto”.
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L’amarissimo spareggio con il Verona racchiude, nell’arco di novanta minuti vissuti in apnea da una città , i due momenti più intensi: “Il colpo d’occhio del Granillo e la coreografia dei tifosi sono il ricordo più bello che ho dell’esperienza a Reggio Calabria, assieme alla trasferta vittoriosa sul campo della Roma con diecimila supporters amaranto al seguito. L’epilogo della gara con il Verona fu una beffa atroce. Meritavamo noi la salvezza, sia per la grande rimonta che eravamo riusciti a fare, sia per quanto messo in campo nei due spareggi“. La fedeltà abituale del personaggio non bastò per far proseguire il rapporto anche nel campionato cadetto. Dopo la lunga esperienza di Lecce (cinque stagioni) tre campionati a Catania e altrettanti ad Empoli. Brescia il crepuscolo, non privo di una coda velenosa…: “Ho preferito lasciare a metà stagione e ritirarmi, anche se ancora sentivo di poter giocare a buoni livelli. Ero arrivato a Brescia in punta di piedi, come ho sempre fatto nella mia carriera, diversi problemi hanno portato alla rottura anticipata. I motivi? Diciamo che non volevo essere la prima ruota del carro, ma nemmeno l’ultima…”
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pa.rom. – rnp
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