Di rado scrivo in prima persona. In questi primi dieci anni di giornalismo, ho centellinato commenti, corsivi, editoriali o quanto altro: ho sempre preferito svolgere quel “lavoro sporco” che qualcuno deve fare. Oggi però più che mai ho sentito il bisogno di affidare, a poche righe, un doppio sentimento vibrante. Affronterò due argomenti, differenti, ma legati da un unico filo conduttore: i colori amaranto.
Partiamo da ieri sera e da quanto di buono hanno fatto i giovani amaranto. Una rondine non fa primavera, d’accordo, ma certamente la grinta, la volontà, lo spirito di sacrificio messi in campo dai quattordici, mancavano al Granillo da almeno un paio d’anni, dai tempi del -15 forse. Una squadra, quella vista ieri, che assomiglia in tutto e per tutto al suo condottiero: quel Gianluca Atzori le cui urla, nel surreale Granillo, riecheggiavano in tutto il loro fragore. Bella da vedersi la Reggina: veramente. Non una palla buttata al vento, tutte trame imbastite e con una logica: movimenti che, inevitabilmente, sono frutto di specifici prove durante la settimana. Due esterni così pimpanti, pronti al sacrificio, disponibili alla doppia fase, non si vedevano dai tempi di Mesto e Modesto: ci risiamo con il paragone mazzarriano. Ma non solo. I due attaccanti (occhio però, troppo leggeri per essere prime punte) sempre vicini alla zona mediana, pronti a scambiare, a toccare e andare in profondità, forse troppe volte lontano dalla porta. Unico neo. Si può migliorare. La difesa poi, anche se con qualche sofferenza, sembra essere molto sicura: Puggioni dalla linea di porta oltre ad aver messo in scena una parata d’antologia, è un leader che urla, suggerisce, aiuta e tiene aperti “otto” occhi. Che dire poi del capitano: lui che amaranto è nato. Di Simone Missiroli questa squadra non può fare a meno perché, al di là dei lampi e delle giocate, Simone trascina i suoi compagni. E’ un punto di riferimento, cercato sempre e comunque. Una spalla certa su cui appoggiarsi. Nella ripresa, spostato di qualche metro da Atzori, ha praticamente “spaccato” in due la partita. Sul futuro di Missiroli, lo ammetto, sono di due cuori: nel primo prevale l’egoismo di chi non vorrebbe mai e poi mai vederlo lontano da Reggio, nel secondo però, prevale la stima e l’affetto per questo ragazzo che, probabilmente, merita di confrontarsi con altri palcoscenici. Speriamo che Simone, in serie A, ci ritorni con la maglia della sua città, quella amaranto. Lui, punto cardine della nuova stagione della Reggina, di una risalita magari.
Passiamo ora alle note dolenti. Anche il tecnico, a fine gara, lo ha detto chiaramente: “siamo in difficoltà, dobbiamo vendere”. Qualcuno in città non ha ancora ben capito la gravità della situazione: qui si rischia realmente di affondare. Ora, senza entrare nel merito di critiche, attacchi e affondi dettati da antipatie personali, è bene riflettere su quello che più dovrebbe stare a cuore dei tifosi amaranto e cioè la sopravvivenza della Reggina. Perché poi a Reggio, terra di modaioli sfegatati, si sa come va a finire: con la Reggina tra i dilettanti ci si ritroverebbe in mille allo stadio e l’interesse sarebbe praticamente nullo. Il sostegno quindi non deve mancare per un squadra di giovani che hanno “palle” da vendere, con un tecnico che al momento sembra avere un ambizione che garantisce entusiasmo. Dall’altro lato bisogna capire che, al momento, si sta giocando una partita delicatissima alla quale, bisogna guardare con fiducia e con serenità, glorificando i colori amaranto.
Vincenzo Ielacqua
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