Impossibile non essere riconoscenti. All’età di trentuno anni, dopo una lunga carriera dipanata tra serie B e Lega Pro, Salvatore Soviero ha compiuto il grande balzo approdando in riva allo Stretto. Mascella da attore di ‘action-movie’, modi spicci e schiettezza strabordante, i pali non sono mai riusciti a contenerne l’esuberanza. L’esempio di un carattere fuori le righe viene da un episodio accaduto ai tempi del Genoa: “Si avvicina Delio Rossi e mi chiede dove sarei andato nella stagione successiva. Gli rispondo ‘mister non lo so, vedremo a fine campionato. Lui mi risponde ‘Oh mi raccomando, fammi sapere. Cosi io vado dalla parte opposta...’ “. La Reggina gli ha permesso di salire l’ultimo gradino e di confrontarsi con i campioni della serie A, con la maglia amaranto l’emozione più intensa: “Sconfiggere la Juventus imbattuta dall’inizio del campionato è stata una gioia impagabile, non baratterei 500 presenze in serie A con quella serata indimenticabile. Non posso che essere grato alla Reggina, mi ha fatto conoscere il massimo campionato dopo tanti sacrifici. Mi è dispiaciuto andar via, peccato anche perchè il presidente Foti mi aveva promesso la conferma in caso di salvezza, invece non ha mantenuto la parola”.
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L’allegato a una fotografia comunque storica è un gesto pittoresco,  tipicamente ‘da Soviero’. Il destinatario non comune indossava la maglia bianconera numero 10…: “Come sempre, mi sono lasciato guidare dall’istinto. C’era stato un battibecco con Del Piero, che mi aveva appena fatto ammonire, quella è stata la mia risposta. In campo siamo tutti uguali, fuori no. Temo di aver pagato in qualche modo quel gesto, si trattava di un personaggio importante e di una società blasonata, le porte della serie A per me sono rimaste chiuse“. A guidare quella Reggina c’era Walter Mazzarri, che in riva allo Stretto ha trovato il trampolino ideale per una carriera ricca di soddisfazioni. Il rapporto con Soviero non fu tutto rose e fiori…: “Si tratta di un bravo allenatore ma anche lui ha i suoi difetti. Reputo di aver giocato meno di quanto avrei dovuto in quella stagione, forse l’allenatore toscano soffriva la mia personalità . All’Inter sta facendo peggio di Stramaccioni, con la differenza di qualche zero sullo stipendio…“.
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La Juve Stabia è l’ultima tappa di una lunga carriera, senza rimpianti (“Ho avuto quello che meritavo”) e basata soprattutto sulle qualità tecniche: “Devo ringraziare quelle, fosse stato per il mio carattere credo che non sarei andato oltre l’Eccellenza (ride, ndr). A Castellamare avevo ritrovato il professionismo dopo la parentesi con il Città di Castello, ho capito però che era arrivato il momento di lasciare quando ho visto alcune critiche dei tifosi a mio parere manovrate“. Non facile il passaggio dal campo alla panchina, probabilmente anche per la mancanza di peli sulla lingua: “Non sarò mai manovrabile o diplomatico, dico sempre in faccia e con schiettezza quello che penso. Mi dispiace non aver ancora avuto la possibilità di allenare una squadra professionistica ma sono contento di guidare la Palmese, al fianco di un presidente giovane e appassionato. In questa stagione festeggiamo i cento anni dalla fondazione. Coincidenza, proprio come la Reggina…”.
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Pasquale Romano – rnp
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