In un momento così difficile e complicato per i colori amaranto, è ovvio che la partita di stasera tra Chievo e Reggina ha un valore decisamente relativo, se paragonata alla trasferta in programma fra soli tre giorni al Rigamonti di Brescia.
Ciò nonostante, la gara con i clivensi non può non rievocare nella mente il ‘colpaccio’ dello scorso anno, quando la compagine dello Stretto, allenata da Davide Dionigi, espugnò il Bentegodi di Verona proprio ai sedicesimi di finale, regalandosi la ‘vetrina’ del San Siro di Milano. Con il tecnico emiliano, ripercorriamo le tappe di quella serata.
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DIFFICILE, MA NON IMPOSSIBILE… C’era tanta rabbia positiva dentro ognuno di noi, perché prima di quella sfida avevamo giocato in campionato in casa della capolista Sassuolo, tornando a Reggio a mani vuote nonostante un primo tempo di livello stellare. Prima della partita, ho detto ai ragazzi di scendere in campo senza alcun timore reverenziale: ero convinto che la mia Reggina se la poteva giocare fino in fondo, nonostante l’avversario fosse di caratura superiore, e per questo ci siamo presentati all’appuntamento con il tridente offensivo. Nei loro occhi, ho letto la mia stessa convinzione: l’impresa era difficile, ma non impossibile…
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INIZIO PROMETTENTE- Come sempre avviene in questi casi, ho dato spazio a chi stava giocando meno in campionato, vedi gli inserimenti fin dall’inizio di Facchin, Castiglia, Bombagi e Viola, uniti a quelli in corso d’opera di Maicon, Louzada e Campagnacci. Il campo era pessimo, ma nonostante questo abbiamo provato a giocare il nostro calcio: nel primo tempo il Chievo non ha creato praticamente nulla, mentre noi abbiamo sfiorato la traversa con Fischnaller.
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LUCIONI PER L’IMPRESA- Nella ripresa, abbiamo provato il tutto per tutto, spingendo sull’acceleratore. Nonostante le difficoltà di quella stagione, i ragazzi avevano una grande condizione atletica, unita ad un temperamento che spesso e volentieri gli consentiva di emergere alla distanza, come dimostrano le 13 rimonte compiute. Dopo aver sfiorato nuovamente il gol con Fischnaller, siamo passati in vantaggio con Lucioni, sfruttando alla perfezione una delle nostre armi migliori, ovvero il calcio piazzato. Numeri alla mano, nei gol da calcio piazzato la Reggina fece addirittura più gol di squadre che poi andarono in serie A, vedi Verona e Livorno: solamente il Sassuolo, aveva una media superiore alla nostra. E’ vero, nel finale gli avversari hanno avuto due clamorose palle gol per pareggiare, cosa che reputo anche fisiologica vista e considerata la differenza di categoria tra le due squadre, ma non dimentichiamoci che dopo il gol qualificazione abbiamo sfiorato il raddoppi o con Campagnacci.
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SI TORNA AL SAN SIRO! In quel periodo, la cosa che ci dispiaceva di più era vedere la nostra gente soffrire, per quella posizione di classifica che non riuscivamo in nessun modo a raddrizzare, nonostante stessimo dando il cento per cento. Il primo pensiero, andò quindi alla città : anche se si trattava solo di una gara di Coppa, avevamo riportato i nostri colori al San Siro di Milano, avevamo regalato un sorriso ai nostri tifosi. Fu proprio questo pensiero, a renderci fieri della vittoria. A mio avviso, anche quella al cospetto del Milan fu una mezza impresa, visto che per 50 minuti, con una formazione che era più o meno la stessa di Verona, inchiodammo sullo 0-0 un avversario che schierava ‘mostri’ del calibro di Abbiati, Robinho, Flamini, Pazzini, Bojan etc. Oltretutto, ricordo benissimo che sullo 0-0 ci fu annullato un gol per un fuorigioco che non c’era.
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DIONIGI, TRA PASSATO E FUTURO- Reggio ce l’ho nell’anima, i colori amaranto li porto nel cuore come un marchio indelebile: la cosa più importante, è che alla fine la Reggina si sia salvata. Per quanto mi riguarda, ho ripercorso con serenità il mio lavoro, perché alla fine, in un’analisi complessiva, le valutazioni più importanti sono quelle che fai a mente fredda: a distanza di mesi, resto convinto della bontà del mio operato. Gli aspetti negativi, che fanno parte di qualsiasi esperienza, mi hanno fortificato, mi hanno fatto crescere come uomo ed anche come tecnico. L’affetto della gente invece, è un aspetto che va oltre ogni discorso: lo porterò sempre con me, custodendolo gelosamente come si fa con le cose più preziose. E’ normale che la panchina ed il campo adesso comincino a mancarmi, spero di potermi rimettere in gioco quanto prima, ancora più forte delle mie convinzioni.
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f.i.-rnp
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