Gol di rara bellezza, in campionati travagliati e difficili. Mino Bizzarri, attaccante della Reggina nei primi anni ’90 in serie C1, è entrato nel cuore del popolo amaranto. L’amatissimo ex, è intervenuto ai microfoni della Gazzetta del Sud.
“Per la rimonta compiuta, la Reggina deve guardare a questa stagione con la soddisfazione di chi ha vinto il campionato. Chi si ritrova terzultimo a dicembre, finisce o col retrocedere o col salvarsi all’ultimo minuto. Tutte le volte che ho potuto ho seguito la squadra in Tv, e devo dire che il girone di ritorno è stato entusiasmante”.
Sulla probabile conferma di Baroni. “Ha svolto un lavoro di grandissimo livello, complice la disponibilità dei giocatori e l’operato della società. La Reggina ha gettato delle basi, secondo me deve mantenere questo gruppo e pensare a come rinforzarlo”.
Il flop del campionato, si chiama Spal. “Con una squadra del genere avrebbe potuto, e forse anche dovuto, lottare per la promozione diretta, ed invece si è ritrovata a non disputare neanche i playoff. Il calcio è complicato, specie quando ti ritrovi a vivere un’annata non in linea con gli obiettivi. Ferrara e Reggio sono due piazze molto simili, che vivono il calcio con una passione viscerale. Ho giocato in C con entrambe le squadre, ma il tifo era da serie A: non dimenticherò mai partite come Reggina-Messina o Spal-Bologna, nelle quali per caricarti bastava vedere il calore dello stadio. La presenza del pubblico avrebbe portato qualche punto in più, ne sono certo, ma nel caso dei biancazzurri non può essere una giustificazione”.
Infine, un paragone col calcio del passato. “Quei calciatori ormai non ci sono più, così come non c’è più quel tipo di calcio. Il ventennio 80-90 è irripetibile, in tutte le sue componenti. Tranne qualche eccezione, oggi i presidenti sono prima di tutto manager, un tempo invece li vedevi come dei padri di famiglia. Di conseguenza, i giocatori si sentono come dei dipendenti che timbrano il cartellino in una azienda. Noi invece, prima che professionisti ci sentivamo rappresentanti dei colori di una maglia e di una città, quindi vivevamo tutto in maniera più profonda e viscerale”.
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