Tra i grandi attaccanti che hanno vestito la maglia amaranto, Emiliano Bonazzoli è stato tra i più prolifici e carismatici. Ben 45 le reti siglate nelle stagioni che l’attaccante nativo di Asola ha vissuto a Reggio Calabria e che lo hanno reso un beniamino dei tifosi. Ai microfoni di Reggionelpallone, il bomber autore di 19 reti in 33 partite quando la Reggina sfiorò la serie A nel campionato 2011/2012, si racconta, tornando nel passato alle esperienze vissute con la maglia amaranto.
A Reggio hai vissuto due esperienze: una dal 2003 al 2005 ed una dal 2009 al 2012. Cosa ti ha portato a ritornare alla Reggina in un anno complicato come quello del 2009-10 in cui la società amaranto era appena retrocessa?
“Sono tornato perché c’era un allenatore con cui avevo già lavorato alla Sampdoria e che mi conosceva molto bene, anche se durante la mia esperienza in blucerchiato è stata condizionata da due infortuni gravi al crociato. L’amore e la stima per la città sono stati elementi importanti per il mio ritorno, la voglia di rivalsa dopo 2/3 anni in cui non ho giocato molto a causa degli infortuni è stata fondamentale”.
Altro giro, altra corsa: 5 giugno 2011, pareggio contro il Novara nel recupero ed eliminazione dai playoff…
“Quella partita l’avevamo giocata benissimo, al meglio delle nostre potenzialità ma purtroppo nel giro di pochi secondi, dopo la rete di Rigoni, è cambiato tutto. Secondo me meritavano di vincere quella partita e sono sicuro che avremmo vinto anche in finale contro qualsiasi avversario. Da quel momento è partito il declino, purtroppo la Serie B ti offre meno della Serie A soprattutto economicamente”.
Tornando ai giorni nostri, questa stagione ha visto il ritorno della Reggina in Serie B, che ne pensi del progetto amaranto?
“Sicuramente la Reggina non sta sfigurando, ricordiamoci sempre che è una neopromossa. Magari c’erano altre ambizioni, ma secondo me, l’unica squadra in grado di fare il doppio salto è il Monza. Il cambio di allenatore a stagione in corso ha sicuramente influito sulla stagione degli amaranto, anche se con Baroni vedo che si è trovata una giusta dimensione e sta raggiungendo una salvezza abbastanza tranquilla. In un periodo storico come questo è difficile trovare la continuità da parte dei giocatori si passa da giocare tante partite in poco tempo a non giocare per settimane, questo in Serie B come in tutti i campionati in corso”.
Secondo te il sogno play-off è realizzabile o è destinato a restar tale?
“Spero che la Reggina trovi continuità con i risultati per ambire a giocare i play-off, da lì in poi è una lotteria è può succedere di tutto”.
Dopo il ritiro hai iniziato ad allenare, prima i dilettanti poi in Serie A femminile. Cosa ne pensi del fatto che l’anno prossimo la Serie A femminile diventerà un campionato professionistico, può ambire a raggiungere un seguito maggiore?
“Ho allenato per due anni nel calcio femminile e penso che il movimento stia crescendo tantissimo, vedendo anche i grandi risultati che hanno ottenute le azzurrine ai mondiali. Le società stanno lavorando tanto su questo mondo, specialmente nei settori giovanili, per me questo è un aspetto fondamentale: a calcio si inizia a giocare sin da piccoli, ed avere maestri preparati è cruciale nella formazione di un’atleta. È un settore sempre più seguito, anche se ad oggi sono poche le squadre molto seguite lavorandoci tanto si possono ottenere grandi risultati e penso che siano sulla buona strada”.
Hai fatto il tuo esordio a 18 anni con la maglia nel Brescia, quanto è importante nella tua crescita avere nello spogliatoio giocatori d’esperienza come Hubner e giovani talentuosi come te, Pirlo e Diana? “Insieme a Pirlo e Diana ho fatto le giovanili, vedendo giocatori del rango di Hubner e Hagi come idoli ed esempi da seguire. Quando è stato il momento di fare il salto in prima squadra è stato un momento affasciante e vederli da compagni di squadra era molto positivo, potevamo apprendere al meglio da loro e dalle loro qualità”.
Con la maglia del Parma hai avuto modo di calcare grandi palcoscenici, dalla Coppa UEFA alla Supercoppa Italiana, fare questo genere d’esperienze – specialmente da giovane – quanto ha aiutato la tua formazione come calciatore?
“Calcare grandi palcoscenici ti fa cogliere la diversità del calcio. Conosci altre realtà: altri campionati, altri giocatori, altri modi di vedere il calcio. Ti aiuta molto a farti le ossa, in particolar modo con l’Under 21 giocando gli europei e le qualificazioni vai ad affrontare i migliori giovani di ogni nazione che poi sono diventati i campioni del calcio degli anni 2000”.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Pensi che un giorno varcherai ancora le porte del Sant’Agata?
“Mai dire mai (ride ndr), adesso sto facendo un percorso a Renate con il mister Aimo Diana in veste di collaboratore e nel frattempo sto finendo il master a Coverciano. Se l’anno prossimo le porte degli stadi saranno aperte ai tifosi e ai collaboratori magari verrò al Granillo proprio in veste di addetto ai lavori”.
Santo Nicolò
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