Rumors di mercato lo avevano accostato alla ‘sua’ Reggina, per la quale il suo ingaggio sarebbe stato difficilmente alla portata del club. Così, Antonino ‘Nino’ Barillà è ripartito da Monza, non potendo fare a meno di non accettare la faraonica offerta del patron Berlusconi e lottare per un obiettivo apertamente dichiarato: la Serie A. La stessa che ha vissuto nelle due stagioni precedenti a Parma e che aveva ritrovato a Genova con la Sampdoria, dopo averla assaporata per la prima volta proprio con la Reggina.
Intervistato dal quotidiano Il Giorno, il centrocampista reggino ha ripercorso la sua carriera dalle origini ai giorni nostri, marcando il tratto a tinte amaranto che lo ha portato ai massimi livelli del calcio italiano. “Sono nato e cresciuto nel quartiere di Catona – racconta Barillà – nella parte nord della città e a una quindicina di chilometri dal centro di Reggio. Tutti i ragazzi di Catona che giocano a pallone hanno un sogno nel cuore, un’ambizione: militare un giorno nella squadra della propria città”.
Dai campi di Catona al Sant’Agata
Un sogno diventato realtà per l’attuale centrocampista dei brianzoli: ”Giocavo nella Scuola Calcio di Catona, ci ero andato con mio cugino, feci tutta la trafila delle Giovanili: fino a quando a un torneo mi videro i dirigenti della Reggina e mi portarono lì. A un certo punto rischiai di finire fuori, volevano tagliarmi, pensavano non fossi pronto ma poi… – svela Barillà – …due ragazzi della Reggina non riuscirono ad andare a un torneo, dovevano riempire i buchi e allora mi richiamarono”. Esito? ”Fui il miglior giocatore di quel torneo, lo vincemmo. E i dirigenti tornarono sui propri passi. Ci vuole anche un po’ di fortuna”.
Insieme ai ‘grandi’, nell’anno in cui si scrisse la storiA…
Diciotto anni, ma già all’interno dell’organicò che raggiunse la storica salvezza del -11: “Dalle giovanili fummo aggregati in 4 alla prima squadra. Fu un’esperienza eccezionale, da brividi, ci sentivamo parte integrante dello stesso progetto, tutti sullo stesso piano: facemmo il record di punti, come vincere uno scudetto. In più giocavo per la squadra della mia città, una cosa bellissima, ci giocai a più riprese”.
L’amore per Reggio ed il sogno realizzato
Dalla A con la Sampdoria alla B con la Reggina nella stagione 2013/14: “Quella di Genova è stata l’annata più brutta della mia carriera. Eravamo ultimi e io non giocavo, per cui quando mi si offrì l’opportunità di tornare a casa, di tornare nella mia Reggio Calabria, anche se in serie B, non ebbi dubbi. Sarei potuto restare in A, ma decisi di tornare nella mia terra”.
Il calcio…“è la mia vita, per me è tutto. Mi ha formato, mi ha insegnato a essere uomo, anche confrontarmi con grandi campioni è stato importante. Ricordo ancora il giorno in cui Mazzarri mi fece esordire in serie A con la Fiorentina, avevo 16 anni: un sogno”.
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