25 febbraio 2018, in riva allo Stretto si gioca Reggina-Trapani. Segnatevi bene questa data, perché costituisce un punto di partenza. Il Granillo, quel giorno, è ridotto ad una cattedrale del deserto che infonde tristezza e sprigiona un insopportabile grigiore, i paganti di fede amaranto sono 88 (ottantotto!). Al di là di responsabilità e colpevoli, siamo di fronte ad un dato inequivocabile: il connubio Reggina-Reggio Calabria è ai minimi storici, intorno ad uno dei simboli più importanti e gloriosi della città regna l’indifferenza generale. Ed è proprio tra l’indifferenza generale, che la squadra raggiungerà a fine stagione la permanenza nel calcio professionistico.
In vista della stagione 2018-2019 serve ricostruire lo spirito, serve ridare anima, serve ripristinare il concetto di Reggina. Ed è proprio in questo contesto, che si inserisce l’avvento di Giusva Branca: “Reggio ha la necessità di ritrovarsi unita. Riporteremo la chiesa al centro del villaggio“, dichiara il nuovo club manager al momento della conferenza stampa di presentazione. Chissà se in quel preciso momento, era consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato insieme ai suoi compagni di viaggio. Fatto sta che la chiesa è da ricostruire pezzo dopo pezzo, ed il villaggio ancora non c’è. Manca il villaggio dove allenarsi, manca il villaggio dove scendere in campo e riconquistare la gente. Mancano tante, tantissime cose. E sono mesi difficili anche per lui, perché il tempo è poco e gli ostacoli si moltiplicano.
Serve coraggio, e forse anche un pizzico di sana incoscienza, a rimanere tra i comandanti di una nave in tempesta. Mentre tutti ti ricordano che dovevi portare la chiesa al centro del villaggio, ed ancora non l’hai fatto. E forse non ce la farai mai. Mentre prendi acqua gelata in piena faccia, e sopra di te il cielo è nero. E allora, silenzio. Un silenzio che non è frutto della resa, ma del lavoro tra fari spenti e denti stretti. Un silenzio che viene rotto in poche occasioni. Come nel post-Catania, quando Branca riprende la parola per omaggiare un emblema del popolo amaranto come Totò Ferrara e per ricordare (esempio più unico che raro nel calcio di oggi…)quanto sia importante rivalutare la passione popolare. Come nel post Reggina-Vibonese, quando rimarca a chiare lettere quanto questa Reggina sia composta da uomini veri, e nessuno può e deve mettere in dubbio neanche per un secondo l’integrità morale dei ragazzi in maglia amaranto. A difesa della gente, a difesa di un gruppo. E poi c’è il tempo. Che scorre in fretta, che a volte sa essere il tuo nemico più temibile. Ma che alla fine del giro, è sempre galantuomo…
Vi siete segnati la data di inizio articolo? Bene, adesso ce n’è un’altra. 30 dicembre 2018, ancora Reggina-Trapani. Dieci mesi dopo. Gli spettatori sono il doppio, i paganti 1.545. C’è la Chiesa. E’ rappresentata da una Reggina che sta macinando risultati su risultati. E’ rappresentata da un club che ha dodici giocatori sotto contratto, e adesso non naviga in mezzo alla tempesta, ma viaggia verso porti sicuri. C’è il villaggio, con tanto di Gradinata. E’ rappresentato da un pubblico entusiasta, che canta e batte le mani all’unisono come non succedeva da tempo immemore.
La Reggina è tornata. Serviva una rivoluzione. Giusva Branca è stato il padre spirituale, l’ideologo di questa rivoluzione. La tempesta è passata, adesso splende il sole. E chissà , forse il meglio deve ancora venire…
f.i.
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