“Un gruppo di lavoro che deve svolgere il proprio operato senza le condizioni minime, un club a cui mancano uno stadio, una solidità economica e persino una sede sociale“. Nella giornata di oggi, torna in mente quel pensiero, scritto da RNP all’inizio di ottobre, in cui si metteva in risalto l’evolversi di una situazione che da complicata sarebbe potuta diventare drammatica. Stadio a parte, nello spazio di due mesi le cose sono addirittura peggiorate, e non certo per quel che riguarda il rendimento di una squadra che nelle ultime quattro partite ha conquistato nove punti e sul campo sarebbe in piena zona play-off.
Il comunicato di oggi, redatto dall’Aic insieme ai calciatori della Reggina, dice di più rispetto al rischio che il match contro la Vibonese non si giochi. Molto, molto di più. Mette in risalto un quadro generale da de profundis, certificando, semmai ce ne fosse bisogno, una situazione tra l’insostenibile e l’imbarazzante. Fa capire che così non si può fare calcio.
“Appare evidente- si legge- come la società versi oggi in una situazione di grave incertezza economica, aggravata dalla presenza di azioni esecutive da parte di fornitori, lasciando poche speranze sulla possibilità di proseguire il campionato fino al termine della stagione sportiva“. Un punto che mette a nudo, in modo inequivocabile, una situazione debitoria che non riguarda solo il parco tesserati o l’avvocato Grassani, con conseguente rischio di fallire a campionato in corso (dato, quest’ultimo, ormai sotto gli occhi di tutti).
Il secondo punto, non meno mortificante per una piazza che ha scritto pagine leggendarie del calcio meridionale, riguarda la mancanza di condizioni minime, peraltro rimarcata in alcune occasioni dallo stesso gruppo di lavoro (“Nessuno pensi che io e Taibi siamo SuperMan e che possiamo risolvere ogni cosa, anche in assenza di requisiti minimi“, aveva tuonato Giusva Branca, al termine della gara giocata a Vibo contro la Virtus Francavilla). “L’intero ambiente di lavoro- prosegue il comunicato odierno dell’Aic e dei giocatori amaranto- appare inadatto allo svolgimento delle ordinarie attività lavorative“. Un’altra considerazione pesantissima, che suona come un macigno. E stavolta non sono opinioni dei giornalisti, ma dati di fatto rilevati da chi vive il tutto dal di dentro.
No, così non si può fare calcio. Fino a due settimane addietro, arrivare a giugno in stato di precarietà sembrava davvero il più grande dei pericoli, per una Reggina versione “barchetta nell’oceano in tempesta”. Oggi invece, quell’eventualità così temuta sembra il più dolce dei traguardi…
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