Vorremmo stare qui a parlare di attacco “sprecone”. Di decine di occasioni dilapidate. Di mancanza del cosiddetto “killer instinct” o di miracoli del portiere avversario. Vorremmo. Ma il nostro occhio, critico ed asettico, è focalizzato sulle recenti, incresciose, prestazioni della Reggina. Mica sul Catanzaro. Una squadra che non produce e non crea, in totale balia dell’avversario. E siamo stanchi di assistere allo stesso copione. Non può essere solo questione di atteggiamento.
Se non tiri non segni. Se non segni (e subisci gol) perdi. Non è la legge del calcio. E’ una semplice equazione matematica. La Reggina scesa in campo nell’ultimo mese e mezzo ha ben poco del prototipo che oseremmo definire squadra di calcio. I dati parlano chiaro. Peggior attacco del campionato (solo otto le reti realizzate) al pari del Bisceglie. Ci sarebbe la Viterbese a contendere lo scettro a cui nessuno ambisce, ma di gare ne ha giocate appena sei. In una sola circostanza gli amaranto sono riusciti nell’intento di gonfiare la rete per due volte nello stesso match. Poi il vuoto. Senza idee, senza soluzioni. E non serve di certo un visionario per capire che la strada per uscire dalla crisi non è costruire barricate ad oltranza.
Tutti i limiti strutturali di questa squadra emergono puntualmente quando c’è da creare. Il giocatore più rappresentativo e con il maggiore indice di pericolosità – parliamo di Sandomenico – non può essere sacrificato nel ruolo di terzino. Presentarsi a Catanzaro con un attacco (sulla carta) a due, sottintende che dal primo minuto debba esserci un vero attaccante di ruolo. Magari supportato da una seconda punta. Magari. Niente di tutto questo. Tassi e Viola a riscaldare la panchina. E la Reggina, in evidente difficoltà in fase di costruzione, non può nemmeno godere della giocata alternativa.
Domenica al Granillo arriva il Rieti. Problemi simili agli amaranto, ma diversi. Si attende una risposta. Una reazione. L’attesa, però, non può protrarsi fino al termine del campionato.
Commenti