Il cambio modulo porta bene, inutile nasconderlo, ma di “fortuna“, in questi casi, ce n’è ben poca. Si tratta di intuizioni, di spezzare le catene che tengono imprigionato il proprio istinto e lasciare che faccia una scelta. Così come successo nelle due precedenti gestioni, anche mister Cevoli abbandona una disposizione tattica che, a pensarci bene, è un trait d’union. Ci aveva provato Karel Zeman nella stagione del ritorno nel professionismo a far esprimere i suoi calciatori con il 4-3-3. Lo ha emulato Agenore Maurizi nella passata annata (dopo un avvio con il rombo), prima che la stessa sorte toccasse all’ex Renate.
Non cambia praticamente nulla nello schema scelto nella retroguardia amaranto, dove restano quattro le pedine a fare da schermo alla porta difesa da Confente. Ed è qui che si materializza la prima, sostanziale, differenza con i due predecessori. Perchè il 3-5-2, negli ultimi anni, era sinonimo di svolta. Cevoli, però, disegna un 4-4-1-1, che in fase offensiva diventa a tutti gli effetti un “4-2-fantasia“, giusto per rievocare il Milan di Leonardo.
Le risposte arrivano, specie dalle fasce. Tulissi e Sandomenico ben si disimpegnano nelle due fasi, prestando soccorso a Kirwan e Mastrippolito quando la pressione degli avversari si fa maggiore. Ungaro è l’ago della bilancia. Croce e delizia nella gara con il Siracusa, dove ad un primo tempo in chiaroscuro ha risposto con una ripresa tutta di personalità e che è valsa l’assist del gol-vittoria griffato Franchini. Salandria e Zibert sono abilissimi nel fare filtro davanti alla difesa e dare il giusto ritmo alle ripartenze della Reggina. Possibile, anzi probabile, che a Potenza mister Cevoli riproporrà la stessa sistemazione tattica. Classico esempio di quando bisogna fare di necessità virtù…
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