Si sta trasformando in un autentico “manifesto dello sconforto“, il cammino della Reggina verso la salvezza. Confusi, abulici, a tratti improponibili, gli amaranto rischiano di centrare un’impresa davvero epocale: disputare i playout, in uno dei campionati più scadenti (non si offendano le dirette concorrenti…) da quando gli inglesi inventarono quel meraviglioso sport chiamato football. La manciata di punti che ancora separa dall’abisso non può in nessun modo rappresentare una consolazione, così come non può rappresentare una consolazione la fiammata finale di Catania, in una gara in cui i rossazzurri etnei hanno improvvisamente rischiato un autentico suicidio, dopo aver dominato in lungo in largo una partita che poteva tranquillamente essere sospesa per manifesta inferiorità della squadra in maglia bianca.
Contrariamente a quanto succedeva tra novembre e dicembre, alla compagine dello Stretto non si può nemmeno rimproverare mancanza di impegno. Il problema stavolta sembra ancora più profondo. Questa è una squadra che appare completamente svuotata, spenta, impaurita. Una squadra oggettivamente depressa. Mister Maurizi, alla vigilia della trasferta del Massimino, aveva promesso una Reggina da battaglia. Ne è venuto fuori un gruppo di ragazzi che sembrava si fosse conosciuto la mattina prima della gara, basti vedere i due gol concessi in maniera disarmante. Avversari che crossano senza trovare contrapposizione alcuna, che staccano per due volte nella stessa azione in beato relax.
Dodici punti in diciassette partite, zero vittorie nelle ultime otto, un gol segnato su azione al Granillo da ottobre a marzo, peggior attacco del campionato dopo quello dell’Akragas. Numeri agghiaccianti, quelli della compagine dello Stretto. Da qualsiasi lato si guardi questo “pianto amaranto”, il tecnico ad oggi è in una posizione di debito verso la proprietà . Agenore Maurizi fino ad ottobre ha svolto un lavoro davvero eccellente, dimostrando concetti di gioco e qualità . I campionati però, non durano due mesi. Lo diciamo con profondo rispetto sia verso il professionista che verso la persona, ma allo stesso tempo senza mezzi termini: in qualsiasi altra piazza, anche con un contratto rinnovato da poco, l’allenatore ad oggi sarebbe stato esonerato. Una decisione inevitabile, quasi doverosa, all’insegna della legge non scritta che “per dare una scossa mandi via l’allenatore, visto che non puoi mandare via un intero gruppo”. Non prendendo tale decisione, la società si sta accollando un rischio altissimo, oltre che ai limiti dell’incomprensibile: la speranza, manco a dirlo, è che a partire da giovedì i fatti le diano ragione…
Attenzione però, perchè mister Maurizi non è l’unico responsabile di questo tracollo. Giusto per restare in tema, ci chiediamo che fine abbia fatto il direttore Basile. Come è possibile che una figura così importante, sia letteralmente sparita dai radar? Sono ancora di attualità , i proclami e l’impegno anche in ottica futura? Nel momento più delicato della stagione, annotiamo che le sue ultime dichiarazioni risalgono al 2 febbraio, ovvero un mese e mezzo fa. In quella conferenza stampa, che peraltro avevamo apprezzato parecchio quando il diretto interessato chiamò a maggiori responsabilità i “giovanotti amaranto”, fu detto che la Reggina, alla fine di una autentica rivoluzione, aveva raggiunto tutti gli obiettivi di mercato. Ad oggi, ci piacerebbe sapere perché questa rivoluzione, così fortemente voluta, non ha portato neanche una (UNA!) vittoria. Ci piacerebbe sapere quale è la “ricetta” di Basile per uscire dalla nuova crisi.
Il tempo stringe, la situazione è ancora rimediabile. Ma se davvero si vuole ricostruire e ridare un briciolo di stimoli ad un ambiente sconfortato come non mai, si proceda pensando che evitare un disastro non significa aver raggiunto un obiettivo. Il concetto di Reggina, non si può ridurre a questo. Non lo merita nessuno. Più di un testata catanese, più di un tifoso rossazzurro, tra ieri sera e stamattina ha bacchettato la propria squadra, per aver rischiato di “non vincere contro la Reggina“. Leggendo quei commenti, siamo tornati con la menta al derby d’andata perso col Cosenza, con i rossoblù che quasi non hanno battuto ciglio per aver vinto al Granillo, mentre in altri tempi la squadra di Braglia sarebbe stata accolta al ritorno in Sila in un tripudio di festeggiamenti. Questo è il vero fallimento. Questa, più di ogni altra, è l’esatta fotografia di un incubo.
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