Di Ferdinando Ielasi-Aeroplani di carta, in tutte le sue componenti, è un’opera così bella ed intrisa di sentimenti, che non solo va assolutamente raccontata ai lettori di Rnp, ma il tutto deve avvenire attraverso il pensiero del diretto protagonista. Mentre questo pensiero mi rimbalzava nella testa, già sapevo che con Alfredo Auspici non avrei mai realizzato la classifica intervista. Non tanto per il rapporto fraterno che ormai mi lega a lui da oltre quattro anni, e che sicuramente avrebbe reso il tutto “simpaticamente imbarazzante“. Il vero problema, semmai di problema si possa parlare, è che quando ti confronti con un artista di livello assoluto, l’imprevedibilità dell’arte finisce con lo schiacciare inesorabilmente ogni forma standard ed ogni approccio convenzionale.
Il racconto di Aeroplani di carta, dunque, avviene durante un breve tragitto in macchina. Non ci sono un intervistatore ed un intervistato, ma due amici. Uno racconta, spiega, trasferisce l’emozione dal cuore alla voce. L’altro si limita a proferire poche parole ed a prendere nota, come farebbe un bravo visitatore dentro un museo, di fronte alla propria guida…
“Sei tu” ormai la conosce tutta la città …Ma se ti chiedessi una breve descrizione delle altre canzoni di questo album?
Non ho mai pensato a fare una descrizione delle mie canzoni, la trovo una cosa troppo schematica. Mi è sempre piaciuto raccontarle, per mettere in luce cosa mi spinge a scriverle. Ancora prima della canzone in sé, è importante ciò che hai dentro al momento di scriverla, ciò che ti spinge a portare all’esterno un’emozione, uno spaccato di vita vissuta. E’ importante il senso della canzone, perché attraverso quel senso esce l’anima, e se esce l’anima riesci a far capire alla gente cosa vuoi comunicare.Â
E allora, raccontamele…
Da dove cominciamo?
Da dove ti pare…Ma vedi che quello che mi stai dicendo, lo scrivo e lo metto sul sito.
E allora cominciamo proprio dall’anima. Anche perché, se parliamo di musica e di canzoni, non possiamo che partire da lì. L’anima è il motore, ho sempre cercato di farla apparire in tutto quello che ho scritto, cantato, creato. Insomma, in ogni aspetto, sia personale che professionale. E poi c’è quella base di cui l’anima si nutre, quella base che rende speciale ed unica la vita, che la colora d’amore attraverso le radici. C’è la famiglia…
“Sei tu”, oltre che di Reggina e di storia, profuma molto di famiglia…
Esatto. Ma non solo. C’è anche Mentre passa i cursa a’ vita, Una canzone in cui il concetto di fondo è molto simile a quello che mi ha spinto a scrivere Sei Tu. E’ un passaggio di testimone. C’è un filo sottile, che dall’inizio alla fine porta sempre in un’unica direzione, quella della famiglia. In questa canzone ci sono i miei genitori, ci sono mia madre e mio padre, e quindi traspare la malinconia, traspare la nostalgia per non averli più con me. Però qui entra in gioco il passaggio di testimone di cui ti parlavo prima. L’amore che hai ricevuto ieri, oggi lo fai tuo, ti dà forza, ti dà coraggio, e tu quel testimone lo passi ai tuoi figli, a tua moglie. Insomma, i sentimenti più forti ed i valori più cari, sono sempre racchiusi lì, dentro una famiglia. E tutto questo rende magico il cammino, dà un senso alla vita, ti fa comprendere il suo vero significato.
(Sarà una semplice coincidenza, ma mentre Alfredo continua a raccontare, mi accorgo che il tempo è cambiato. Siamo partiti sotto una pioggia battente ed un cielo nero, adesso dal lato del suo finestrino splende un sole che sembra stia urlando di buonumore, mentre illumina l’azzurro delle acque dello Stretto. Si, sarà una semplice coincidenza, ma mi piace pensare che la magia appena descritta abbia fatto capolino…).Â
…Poi ci sono quelle canzoni che hanno un significato diverso rispetto al titolo. Lì forse mi sono divertito a giocare con me stesso, o se preferisci ho provato a sorprendere chi le ha ascoltate. “Io morirò domani” è un pezzo che letto così può far pensare ad una descrizione della morte, ed invece il significato è di senso opposto. Insomma, è un piccolo inno alla vita, che prende forma piano piano, dicendoti che “c’è sempre tempo”, dicendoti che “io volerò…”. Anche “Fateci sapere“, in un certo senso, parla di vita, ma lì, a dispetto di un titolo apparentemente soft, emergono tutto il disincanto e l’amarezza di chi in quel momento è deluso da come vanno le cose nella società di oggi, è deluso da un sistema in cui non si riconosce, che non approva. Si è stancato, si è fermato, e dice appunto “Fateci sapere”.
Famiglia, amore, senso della vita: insomma, più profondo di così…
Ci sono anche le tematiche scanzonate, in cui entra in gioco la semplicità . “Cielo mia moglie“, parla di un uomo che in una domenica qualunque si ritrova solo, e decide di rompere completamente gli schemi di quella che può essere definita la routine quotidiana. La trasforma in una domenica da urlo, da ricordare, pur non facendo nulla. E’ solo dentro le proprie mura, è solo con il mondo. Non vuole sapere l’ora, fuma in camera da letto…In fondo, a chi non è mai capitato di vivere una domenica così?
Mi pare che manchi soltanto una canzone…
“Atri tempi”. Lì torniamo a mio padre ed a mia madre, ai loro racconti, alle tradizioni, alle radici. I racconti, i ricordi, sono parte essenziale di un percorso, ti aiutano a capire, a migliorare, a conoscere. Tengo tantissimo alle tradizioni, non è un caso se il dialetto compare in quasi tutto ciò che realizzo. Questa canzone, eseguita alla chitarra da mio fratello, rievoca uno spaccato del dopo-guerra. Ragazzi che si tenevano per mano, attraverso un “Mi voi beni? che valeva tantissimo. Bimbi a cui bastava riempire una calza di tante cose, per giocare a pallone, per creare, per divertirsi. “Atri tempi figghiu, oggi no cchiù”, questo passaggio rivela quanto siano cambiate le cose, in profondità . E’ strano pensare che all’epoca, con poco si raggiungeva tutto, mentre oggi invece abbiamo tutto, e probabilmente lo riduciamo a poco. A proposito delle mie canzoni, ci tengo molto a ringraziare Lenzo Malafarina: è stato lui a curarle, a farle volare con la sua magia…
Ok, siamo arrivati. Ti ricordo che questa chiacchierata la rendo pubblica. Al massimo, se avrò scritto cavolate mi puoi querelare..
(Alfredo sorride, ed è uno di quei suoi sorrisi che avvolgono chi li riceve, che infondono un senso di tranquillità e carica. Un sorriso che impersona davvero quel concetto di famiglia da lui tanto protetto e coccolato, oltre che esaltato con il genio dell’artista). Attraverso Aeroplani di carta, ho voluto accarezzare con la chitarra l’importanza della vita. Spero di esserci riuscito.
Ci sei riuscito amico mio, ci sei riuscito in pieno…
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