Il giro di vite normativo repressivo teso a limitare i fenomeni di violenza in occasione delle manifestazioni sportive, specie in quelle calcistiche, ha radici lontane. In particolare il punto di non ritorno, dal quale è scaturita poi tutta la normativa vigente è il 1985 e il tragico episodio dell’Heyesel,in Belgio, quando un match di coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool fu accompagnato da disordini e tafferugli che portarono alla morte di 36 persone ed al ferimento di molti tifosi. Da allora furono molte le convenzioni e le ratifiche succedutesi nel tempo, soprattutto a livello comunitario, volte ad arginare fenomeni simili ma che in larga parte non si sono rivelate idonee ad ottenere i risultati sperati. Lo sbocco di questo iter normativo è stato per l’Italia la celebre legge n° 401 del 1989 che, tra i vari provvedimenti, introdusse all’art. 6 al comma 1 anche il “divieto di accesso alle manifestazioni sportive” più noto alle cronache con il suo acronimo D.A.SPO. Analizziamo da vicino il provvedimento che per la sua natura ibrida tra misura preventiva e sanzione amministrativa ha suscitato e continua a suscitare parecchie perplessità.
Secondo quanto riportato dall’Osservatorio Nazionale sulle manifestazioni sportive, il DASPO è “una misura di prevenzione atipica ed è caratterizzata dall’applicabilità a categorie di persone che versino in situazioni sintomatiche della loro pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica con riferimento ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive, ovvero a quelli, specificatamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni stesse”. Una definizione vaga, che comprende in sé nel concetto di “pericolosità” una vasta ed eterogenea gamma di comportamenti inquadrati dalla legge 401/89, così come modificato dal decreto Amato del 2007, e che si riferisce a comportamenti più o meno gravi.
L’ambito di applicazione della norma circoscrive 4 categorie : persone denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi 5 anni per uno dei reati specificatamente indicati dalla norma (reati di porto d’armi, lancio di materiale pericoloso, scavalcamento, invasione di campo ed anche possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive); persone che hanno preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive; persone che, nelle medesime circostanze, hanno inneggiato o indotto alla violenza, ed in ultimo coloro che, sulla base di elementi oggettivi, risultano avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione di manifestazioni sportive o tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione delle stesse.
Questo elenco è il frutto del susseguirsi di aggiornamenti normativi che ad ogni “emergenza” hanno esteso il novero dei soggetti destinatari della norma sino a formulare un elenco troppo ambiguo e generico. A livello meramente formale è utile ricordare che il daspo è un provvedimento che va redatto in forma scritta e che, nel silenzio della legge, si ritiene soggiaccia all’obbligo di motivazione previsto per gli atti amministrativi. Va notitificato direttamente al destinatario della misura ma, in caso di minorenne (è previsto infatti che possa essere comminato anche al minorenne purchè quattordicenne), a chi ne esercita la potestà genitoriale. fine prima parte, continua la prossima settimana…)
Ivana Veneziano
Commenti