Perché così è più bello. Perché se la Reggina è espressione di Reggio, le due firme del successo, quelle di Nino Barillà e Simone Missiroli, portando con loro il sapore dello Stretto riducono la frattura causata da una squadra che da troppo tempo frustra il sentimento d’una città innamorata. Perché quando un gruppo in agonia sbanca uno stadio fino ad allora inviolato, riuscendo a farlo proprio quando il baratro sembra la più rapida e meno dolorosa delle torture, regala un brivido irrinunciabile. Perché trovare il gol all’ultimo respiro riconcilia con il calcio. Perché, soprattutto, squarciare il buio con un lampo orgoglioso ed imprevedibile è un’emozione che ravviva la speranza. Ancona-Reggina potrebbe esser tutta qui, eppure c’è molto altro.
Ci sono i numeri a ricordare dei due punti recuperati sul Piacenza, il sorpasso sul Mantova, l’addio ad una Salernitana ormai spacciata ed il mirino che si sposta su Gallipoli e Padova un metro più su. La rete di Missiroli può e deve significare la svolta tanto attesa, l’inizio di una rimonta che conduca alla salvezza, obiettivo minimo ma imprescindibile di questa stagione disgraziata. Se così sarà, sentire risalire alle spalle il passo minaccioso di quella che, nonostante tutto, resta la Reggina può spaventare ancora.
Dovranno tenerne conto tutti, aldilà dei valori dell’avversario e ad iniziare dal Torino: tornare dalle Marche a pancia piena ha una valore che va ben oltre i tre punti. Dopo lo schiaffo di Troiano e la tortura della banda di De Canio, l’Ancona sembrava dover assumere, per irrinunciabili ragioni sceniche, le sembianze del boia. E così, una Reggina che non accetta la condanna rivoltandosi al suo aguzzino dimostra, per la prima volta in questa stagione, di aver carattere e cuore. Chiedersi dove fossero finiti nelle precedenti trenta partite sarebbe legittimo, tuttavia non aiuterebbe in un momento così delicato.
Al Del Conero non passava nessuno dal 29 Aprile del 2009, lo fa la Reggina con pieno merito. Superiore per intensità di gioco, qualità della manovra, abnegazione ed in virtù d’una disperata voglia di vincere. “L’importanza del gioco sulle fasce”, titolava la tesi di Carlo Ancelotti per il supercorso di Coverciano. Ed è proprio sulle fasce che la Reggina ha vinto e vissuto gli episodi chiave della sua partita. A sinistra, dove Schiattarella ha vissuto la peggiore giornata della sua carriera sempre risucchiato verso il centro o in posizione avanzata da Missiroli ed infilato alle spalle dai solchi d’un Rizzato indemoniato, perfetto per quantità e tempi d’inserimento. A destra con un Barillà più prudente, ma anche meno aiutato a pungere dalla mezzala Carmona che naturalmente rispetto a Missiroli ha compiti più difensivi, che riusciva però prima a piazzare la zampata del vantaggio e poi, con una diagonale difensiva strepitosa, chiudere la porta a Colacone pronto a depositare in rete. Inutile ricordare, infine, che anche il gol della vittoria nasca da posizione decentrata ma, una giocata di quella qualità, più che alla tattica è rimandabile alle voci: astuzia, intuito e classe.
Intorno a tutto questo ha ruotato una Reggina viva, bella per lunghi tratti della gara, capace di attaccare con parecchi uomini alzando il baricentro e portando il pressing in una zona più avanzata del campo, brava a gestire le varie fasi di gioco ed a tentare più spesso la giocata verticale, una rarità in riva allo Stretto. E’ la vittoria, bisogna dirlo, anche di Roberto Breda. Il tecnico ha rischiato, ha cambiato cinque uomini rispetto all’ultima uscita anche puntando su giocatori apparentemente fuori ruolo, ha preparato molto bene la partita e gestito con sapienza i cambi, anche lui aveva bisogno d’un pronto riscatto.
Tutto risolto? Nient’affatto. La Reggina rimane convalescente ed una ricaduta potrebbe esserle fatale. Alla squadra il compito di confermare quanto di buono lasciato intravedere, all’ambiente quello di sostenere questi progressi e mettere da parte, in queste ultime undici tappe, il passato. Ci sarà un tempo per i processi ed i bilanci. Adesso parli il campo. Perchè c’è una salvezza tutta da conquistare.
Gianpiero Versace
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