Dramma in Premier League: il giallo della morte della star del calcio

Dramma in Premier League, la Serie A inglese: a distanza di mesi, svelate le cause della morte del calciatore Kevin Campbell.

È deceduto lo scorso anno, il 15 giugno 2024, l’ex calciatore britannico Kevin Campbell, attaccante di Arsenal, Everton, Cardiff e della nazionale inglese. Ritiratosi dal calcio professionistico nel 2007, Campbell, da sempre appassionato di musica, aveva dato vita al suo sogno, fondando un’etichetta discografica con la quale produrre artisti emergenti.

Kevin Campbell ai microfoni di Sky Sport
Kevin Campbell ai microfoni di Sky Sport (Reggionelpallone.it)

Ricoverato improvvisamente agli inizi di giugno dello scorso anno per via di una setticemia, l’ex atleta era stato sottoposto a osservazione costante. Tuttavia, dall’infezione non si era più ripreso, spegnendosi nella mattinata del 15 giugno. Una perdita importante per il calco inglese, Campbell è morto per insufficienza cardiaca e renale. A distanza di mesi, a seguito dell’autopsia, i medici si difendono dalle accuse da parte della famiglia.

Kevin Campbell, calciatore inglese: si fa luce sulle cause che lo hanno portato alla morte

Deceduto all’età di 54 anni, presso il Manchester Royal Infirmary, lo scorso 15 giugno 2024, è stata avviata un’indagine per cercare di fare luce sulle cause dell’infezione che hanno portato Campbell alla morte. I medici dell’ospedale di Manchester, città nella quale l’atleta viveva, affermano che Campbell era arrivato in ospedale in condizioni disperate, ma non era la prima volta che l’uomo veniva ricoverato.

Mesi prima del decesso, infatti, era stato ricoverato a seguito di una grave infezione che gli aveva fatto perdere peso. In ospedale, il calciatore era giunto visibilmente dimagrito, pallido e affaticato. Il medico legale Zak Golombek ha affermato di aver scoperto troppo tardi la rara infezione cardiaca che lo aveva colpito, non riuscendo a stabilire una corretta diagnosi nell’immediato.

Il calciatore con la maglia dell'Arsenal
Il calciatore con la maglia dell’Arsenal (Reggionelpallone.it)

Tuttavia, il medico legale si difende affermando che il disturbo cardiaco raro non c’entrerebbe nulla con la seconda infezione contratta, quella che poi lo ha portato alla morte, mesi più tardi. A prendere le distanze dalla morte dell’uomo, anche il dottor Robert Henney, consulente presso la risonanza magnetica, il quale ha dichiarato che poche persone sarebbero sopravvissute nelle condizioni di Cambpell, e che i medici avrebbero potuto fare ben poco.

Morte del calciatore dell’Arsenal Kevin Campbell: iniziata la battaglia legale tra famiglia ed equipe medica

Fino allo scorso gennaio, Campbell era stato sempre in forma, e nonostante l’addio al calcio, continuava ad allenarsi in privato, andando a correre, facendo palestra e giocando a calcio insieme agli amici. Era diventato anche uno stimato opinionista di Sky Sport. La prima infezione lo aveva colpito nel mese di febbraio, e da lì, probabilmente, non si era più ripreso.

Ora è iniziata la battaglia legale tra la famiglia dell’ex calciatore e l’equipe medica che lo aveva assistito. Nella prima degenza, durata un mese e mezzo, praticamente tutto il mese di febbraio e metà marzo, i medici non erano riusciti a individuare la causa scatenante. Dimesso a marzo, dopo aver risposto bene alle terapie, Campbell era stato poi ricoverato altre due volte, una a maggio, dove era rimasto in ospedale per pochi giorni, poi, l’ultima volta a giugno.

Campbell durante una partita
Campbell durante una partita (Reggionelpallone.it)

All’atleta non era stata diagnosticata un’infezione cardiaca nota come endocardite infettiva, e ciò potrebbe aver contribuito al peggioramento delle sue condizioni di salute. Il ritardo nella diagnosi ha portato alla morte dell’uomo? Su questo punto, la famiglia non ha alcun dubbio, e in tribunale l’avvocato dei Campbell accusa l’ospedale di Manchester di negligenza.

Nel frattempo, l’inchiesta si è conclusa dichiarando la morte di Campbell evitabile, ma ci sono ancora tanti punti da chiarire. I medici si difendono affermando che l’endocardite infettiva non era presente durante il primo ricovero, e che, molto probabilmente, l’uomo l’aveva contratta tra un ricovero e l’altro, in concomitanza con la drastica perdita di peso nei mesi di aprile e maggio.

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