La vittoria, meritata, della Reggina contro l’ex capolista Lecce porta in dote alcune considerazioni inevitabili.
Il successo amaranto è frutto di una prova collettiva di grande abnegazione e maturità , con un capolavoro tattico e “mentale” costruito e pianificato alla perfezione da Roberto Stellone, tecnico della Reggina, capace di sconfiggere gli avversari utilizzando proprio le armi migliori dei pugliesi. Ritmo, intensità , pressione, corsie esterne. Il dado è tratto. Lecce inerme, quasi mai pericoloso, super attacco annichilito da una prestazione difensiva di altissimo livello: “concentrazione e cazzimma”, a Coda, Strefezza e Di Mariano sono rimaste solo le briciole. La Reggina ha costruito, con il palleggio e quando possibile le ripartenze, i presupposti per il gol vittoria ma anche per sfiorare più volte il raddoppio e chiudere la pratica in anticipo. La disposizione tattica differente, un 4-4-2 equilibrato, compatto, con gli esterni pronti a raddoppiare in marcatura e ad sganciarsi all’improvviso nelle proiezioni offensive, hanno costretto i giallorossi ha insistere per vie centrali, non trovando mai sfogo. Le variazioni in corso d’opera (sia tattiche che degli interpreti) hanno concluso l’opera di Stellone, eccellente nella lettura della partita. Prima e durante, senza sbavature. Mastica amaranto, invece, Marco Baroni, battuto senza appello dal tecnico avversario. Incapace di trovare la minima contromisura. Il suo Lecce “delle meraviglie” non si è visto. Tecnico e calciatori pensavano forse di passeggiare contro una Reggina priva di motivazioni. E la superbia, spesso, non paga. Nemmeno la presunzione. Come non pagano mai, nella vita come nel calcio, l’insolenza e la mancanza di rispetto. Che una squadra come il Lecce, non restituisca un pallone gettato fuori per soccorrere un giocatore infortunato, è un gesto censurabile che si commenta da solo. D’altronde alcune virtù bisogna possederle e coltivarle: per il resto c’è la mediocrità .
Vincenzo Ielacqua
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