Dopo un lungo silenzio. Lui che in carriera è stato un grande portiere, da oltre un anno aveva elegantemente dribblato come un fantasista telefonate e microfoni, al momento di concedere un’intervista. Oggi Emanuele Belardi torna a parlare del suo recente passato in amaranto e della travagliata esperienza come responsabile del settore giovanile.
Una lunga chiacchierata, nella quale non poteva non emergere il grande sentimento verso questi colori. Perché gente come Belardi non si potrà mai bollare col termine “ex”, in quanto le bandiere lasciano il segno e restano scolpite nelle pagine di storia.
Partiamo dal novembre 2018. Eri tornato da pochi mesi come responsabile del settore giovanile, conoscendoti immagino che quelle dimissioni abbiano rappresentato una decisione soffertissima…
Esatto, è stata una scelta veramente sofferta e difficile. Io ero, sono e resterò sempre un tifoso della Reggina, questo penso non ci sia nemmeno bisogno di specificarlo, ma ci sono momenti in cui il rispetto di certi valori e della propria dignità devono venire prima di tutto, anche dell’amore verso la tua squadra del cuore. Ho visto finanche troppe persone baciare la maglia della Reggina, giurare amore eterno ed uscirsene con frasi ad effetto. Io questa maglia l’ho amata con i fatti, in silenzio, attraverso la cultura del lavoro e dell’appartenenza, sia nei momenti belli che nei momenti critici, mettendoci la faccia e dando tutto me stesso.
Si è parlato tanto delle motivazioni che ti hanno spinto a quella decisione, adesso vorremmo conoscerle direttamente da te…
I motivi sono stati due. Strada facendo il club ha tracciato una linea diversa da quella iniziale, erano cambiati i presupporti dai quali si era partiti, e come ti ho detto prima, arrivati a quel punto ho messo il rispetto di me stesso davanti a tutto il resto.
Ti riferisci alle difficoltà economiche venutesi a creare?
No, per amore della Reggina avrei tenuto duro, mi sembra che l’ho dimostrato anche nel 2015, quando sono tornato da calciatore in un altro momento difficilissimo dal punto di vista della solidità del club. Mi riferisco a cambi di strategia, di metodo. Cambi che non ho gradito. Poi ci sono state le difficoltà incontrate dai tecnici che avevo scelto io personalmente, e sotto questo aspetto possiamo parlare delle difficoltà economiche: durante una riunione i suddetti tecnici mi hanno manifestato l’enorme difficoltà ad andare avanti, ed io a quel punto gli ho detto che ero disposto a fare un passo indietro insieme a loro, rinunciando ad un contratto triennale. Avrei potuto fare orecchie da mercante e pensare a tutelare il mio contratto, anche perché non spettava certo al sottoscritto la loro retribuzione. Ma non sarebbe stato corretto, non sarei stato Emanuele Belardi…
Il fatto che le tue dimissioni siano arrivate insieme a quelle di tanti altri tecnici del settore giovanile, dimostra quanto fosse unito quel gruppo.Â
In certi casi credo che sia importante la visione che hai della vita. C’è chi da importanza e valore a certi ideali, e c’è chi invece guarda le cose in modo egoistico, pensando prima a se stesso…
Fa un po’ di rabbia, il non essere protagonista diretto di una Reggina tornata a vincere e ad entusiasmare la propria gente come ai bei tempi?
Non parlerei di rabbia, ma di rammarico, o se preferisci di rimpianto. In pochi mesi ed in mezzo a mille difficoltà , avevamo fatto un grande lavoro con il settore giovanile, e questo lo dicono anche i risultati delle varie formazioni, che si trovavano ai vertici della classifica. Soprattutto in realtà come quella di Reggio, il calcio non può prescindere dalle giovanili, sia a livello di plusvalenze future che a livello di serbatoio per la prima squadra. Questo lo insegna la storia della Reggina stessa, una storia nella quale i successi più belli della prima squadra sono andati di pari passo con l’andamento delle giovanili…
Si è discusso molto anche di un tuo possibile ritorno, successivo alle dimissioni. Quanto c’è di vero?
E’ tutto vero. Avevo parlato col Presidente Gallo ed era tutto stabilito, aspettavo solo che mi venisse inviato il contratto da firmare. Il giorno dopo però, ho letto il comunicato ufficiale a firma dell’ex direttore generale Iiriti, in cui veniva smentito il mio imminente ritorno in amaranto. Forse il mio ritorno non era gradito da qualcuno…
Hai chiesto spiegazioni in merito?
Più che chiederle io, mi aspettavo che mi venissero date dal club, che si è limitato ad inviarmi una mail. Avrei gradito una telefonata del Presidente, visto che la trattativa era stata tra me e lui, ed invece niente…
E se un giorno il telefono squillasse di nuovo?
Quando ci sono di mezzo la Reggina ed i colori amaranto, mai dire mai.
La tua storia d’amore con questa maglia, la possiamo riassumere con lo striscione “Questa gente vi rende onore, voi simboli di un calcio d’appartenenza e sudore”, che la Curva Sud ha dedicato a te ed a Cirillo nella sera del vostro addio al calcio giocato?
Diciamo che quel giorno ci siamo ringraziati a vicenda. Noi abbiamo ringraziato la gente di Reggio e la Reggina, per tutto quello che ci ha dato in un percorso incancellabile. E la gente ha voluto ringraziare noi, che nel nostro piccolo abbiamo sempre dato tutto, con quello striscione che non dimenticherò mai.
Parlare dei trionfi sarebbe facile. Vorrei invece sapere come si vivono dal di dentro certe situazione, e mi riferisco a quelle del 2015 e del 2018…
Si vivono attraverso il senso di responsabilità . Da calciatore devi essere da esempio e da stimolo soprattutto per i giovani, da dirigente devi tutelare sempre e comunque il tuo gruppo di lavoro, devi dare risposte alle persone che hai scelto e che ti hanno seguito.
Veniamo al presente. La Reggina è tornata alla vittoria in quel di Vibo, adesso come non mai il risultato viene prima di ogni aspetto…
Si. La differenza la fanno le vittorie sudate, dove la personalità viene prima del gioco. La vittoria di Vibo è pesantissima, e la Reggina ha tutte le carte in regola per tornare in B e riportare Reggio verso i palcoscenici che gli competono. Non sarà facile, ma allenatore e squadra hanno l’esperienza e la qualità per arrivare in fondo e regalarci questa gioia.
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