Ex capitano della mitica Banda Scala, pezzo di storia amaranto. Rosario Sasso è l’ospite odierno della mezzanotte di RNP all’interno della rubrica “A tu per tu”.
Partiamo dal presente di Rosario Sasso, da allenatore se non sbaglio…
Si, alleno i giovanissimi nel settore giovanile della Castiglionese, qui a Castiglione Fiorentino dove abito. Mi diverto, lo faccio con passione, il calcio è stato il mio mondo e continuerò finché avrò le forze…
Vincente, imbattuta, capolista: la Reggina sta tornando…
E’ l’unica squadra della categoria ad essere imbattuta, ha il miglior attacco, la miglior difesa, l’attuale capocannoniere, un grande pubblico…tutti ingredienti che possono portarla a fare bene. E’ tornato l’entusiasmo, è tornata quella simbiosi tra la gente e la squadra…tutto ciò che c’era all’epoca quando c’era la banda Scala. Sono tante piccole cose che mi fanno supporre che sia l’anno giusto, però non bisogna mai abbassare la guardia, anche se su questo ho fiducia in Mimmo Toscano. Lo conosco, ha vissuto l’era nostra. Proprio questa mattina ho visto delle fotografie in cui c’era anche lui ed era giovanissimo. Sa di cosa c’è bisogno per arrivare al risultato.
Cosa ricorda di lui?
Quando c’eravamo noi lui giocava in primavera, ricordo il primo anno che venne in ritiro con noi ad Asiago, era un pischellino (ride, ndr). Era un ragazzo molto rispettoso ed educato, non si fermava mai. Credo gli abbia fatto bene respirare quell’aria lì. Tornare a Reggio da allenatore, nella sua città , non era facile, ma è stato molto bravo, sta trasmettendo la sua regginità ai giocatori.
Crede che possa raggiungere la Serie B già da quest’anno?
Il campionato è ancora lungo, sarà dura. In questo momento ha un buon vantaggio ma c’è ancora da lavorare. Credo ci siano tutte le carte in regola per arrivare fino in fondo.
Ha avuto l’opportunità di vedere qualche partita finora?
Sono riuscito a vedere solo la partita con il Bari, tra l’altro da doppio ex e la Reggina mi piacque molto. Dimostrò, su quel campo, di poter lottare per i primi posti. A mio avviso gli amaranto hanno molto in più rispetto alla formazione barese.
Prima parlava di entusiasmo e a Reggio si è riacceso eccome: le ricorda quello di un tempo?
Ricordo che in una delle ultime partite di Coppa Italia che giocammo a Reggio Calabria, che fu contro la Vigor Lamezia, c’erano 200-300 spettatori, poi alla prima di campionato 12.000. Da lì fu sempre un crescendo, fino ad arrivare agli esodi delle trasferte. Credo che quest’anno il pubblico di Reggio sia il dodicesimo uomo in campo. L’entusiasmo e la spinta del pubblico ti porta a fare cose che forse in altre situazioni non faresti e questa è la forza che Reggio ti da’. Ricorderò per sempre tutto quell’amore che il pubblico reggino ha riversato su di noi, anche per merito di chi usciva dal campo con la maglietta sudata, anzi, bagnata. Era normale che poi i reggini si fossero innamorati di questo gruppo, ancora tanto amato nonostante gli anni. Reggio Calabria non può stare fuori dal calcio che conta.
Crede ci siano delle affinità tra l’attuale Reggina e quella della Banda Scala?
A mio avviso si. Questa squadra mi sembra più forte a livello fisico, mentre noi probabilmente avevamo qualcosa in più dal punto di vista tecnico, ovviamente facendo il paragone coi tempi. Avevamo Tarcisio (Catanese), un ragazzo d’oro che rimarrà sempre nei nostri cuori, Lunerti e Onorato, uno scaltro e l’altro potente. Loro hanno gente come Denis, che non ha bisogno di presentazioni, ma anche un Corazza che sta vivendo un grande momento, ogni pallone che tocca è gol e questo anche grazie al supporto della squadra.
Chiudiamo con un aneddoto…
Non dimenticherò mai gli esodi che ci sono stati, da Perugia a Pescara, ma anche a Sassari con la famosa nave amaranto. In quest’ultima occasione, ricordo che l’arbitro era di Cervignano del Friuli, eravamo nel sottopassaggio e si sentiva il pubblico fare il tifo. Si girò verso di me e mi disse che sarebbe stata dura per noi davanti a tutti quei tifosi della Torres sugli spalti, ma io gli risposi che i tifosi che stavano facendo il tifo erano i nostri. Ci rimase un po’ male…
Antonio Calafiore
Commenti