Un calcio di rigore, calciato di rabona, per entrare di diritto nella storia della Reggina e del calcio italiano. Due stagioni in riva allo Stretto, 53 presenze, 7 reti e tanto sudore versato per la maglia amaranto, in un calcio d’altri tempi. Parliamo di Ricardo Paciocco, ospite odierno della mezzanotte di RNP all’interno della rubrica ”A tu per tu”.
Partiamo dal presente di Ricardo Paciocco…
Ho un’agenzia investigativa, riguardante la sicurezza nei locali. Per me il calcio è finito da quando giocavo io, quando era veramente bello, d’altri tempi. Adesso è solo business, un mondo stravolto che gira intorno ai soldi. Allenavo in una piazza in cui dovevo far giocare tizio e caio solo perché i genitori portavano soldi. Sono disinnamorato, faccio fatica anche a vedere le partite.Â
Ha aperto una scuola calcio in Venezuela, lì è completamente diverso…
Lì sono all’abbandono totale, pensate che lo stipendio medio è di 30 euro al mese. Con 500 euro, circa 300/400 bambini fanno calcio per un anno. Più che scuola calcio è un don Bosco. E’ da 7 anni che, io insieme a mio cugino ed altri amici, cerchiamo di far divertire i bambini togliendoli dalla strada, è questo il nostro obiettivo principale.
Capitolo amaranto: cosa ne pensa della Reggina di Toscano?
Sta andando a mille e ne sono felicissimo. E’ un ottima squadra ma sono un po’ scaramantico, quindi preferisco non sbilanciarmi. Dovrà continuare su questa strada e rimanere con i piedi per terra. Bisognerà che i calciatori giochino ogni partita come fosse una finale di Champions, senza distogliere l’attenzione e non guardare il vantaggio sulle altre squadre nonostante il primo posto. Penso che sia un’annata buona…
Una squadra che ha risvegliato l’entusiasmo del pubblico di Reggio…
Quando le cose vanno bene e c’è una squadra che dà l’animo in campo è normale che tutti vogliano andare a vederla. I giocatori della Reggina hanno fame di vittoria, non di soldi o di visibilità . Nel mio trascorso a Reggio, la domenica lo stadio era sempre pieno, anche nei momenti di difficoltà , perché vedevano che davamo l’anima in campo e ci premiavano per questo. Â
Trent’anni fa il suo incredibile gol di rabona, su rigore, in Reggina-Triestina: normalità o follia?
Per me era normale calciare in quel modo, mi riusciva in modo naturale. Quel rigore contro la Triestina fu quasi una scommessa con mister Bolchi. In settimana lo feci durante un’amichevole a Marcheggiani, che si arrabbiò. Negli spogliatoi il mister mi richiamò: ”Così non si fa – mi disse – se capita di domenica voglio vedere…” ed io gli risposi: ”Se capita di domenica lo tiro così”. Neanche a farlo apposta la domenica dopo ci fu il rigore. Lui pensava che lo stessi tirando di sinistro, mentre Armando Cascione in panchina gli disse che stavo per tirare di rabona. Prima di calciare sentii un urlo del mister, gridava ”nooo” (ride, ndr). La cosa che mi rimase impressa fu quella che, dopo del gol, ci furono 3-4 secondi di silenzio, nessuno aveva capito nulla. Fui l’unico folle a calciare un rigore in quel modo…
Che ricordi ha di Reggio Calabria?
A Reggio ho migliaia di ricordi. Ricordo che la domenica, dopo la partita, ci ritrovavamo e mangiavamo tutti insieme con le famiglie. C’era Mimmo Praticò che più che dirigente è stato un secondo padre, una grandissima persona che ci ha sempre trattati in modo speciale. Non eravamo una squadra di calciatori, ma una vera e propria famiglia, degli amici che giocavano insieme a pallone…ed era bellissimo. Reggio ce l’ho nel cuore…
Reggio e la Reggina possono tornare grandi?
Reggio e la Reggina devono tornare tra i grandi. Ci sono tutti i presupposti per fare bene e far si che Reggio torni nel calcio che conta. E’ una città meravigliosa che merita un grande palcoscenico.
Antonio Calafiore
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