“…Non esiste la critica costruttiva e la critica feroce. La critica è critica, punto. Ma chi come noi ha criticato la Reggina negli ultimi tempi, spinto dal proprio dovere giornalistico e soprattutto dal grande amore verso i colori amaranto e la città , non può restare fermo se ha la possibilità di migliorare le cose. Vedi amico mio, io posso dare una mano alla squadra ed alla città che amo, sarà una battaglia ardua ma vale la pena affrontarla. Ci pensi a cosa succederebbe se tutti ci girassimo dall’altra parte nei momenti di difficoltà ?”.
Con queste parole, risalenti a più di un anno fa, Giusva Branca mi comunicò la decisione di entrare a far parte del nuovo corso amaranto. Al mio iniziale stupore, fece seguito un sorriso. Il sorriso di chi per un attimo, nel suo animo di tifoso prima ancora che di addetto ai lavori, intravedeva da lontano il “ritorno” di quel senso d’appartenenza che da mesi e mesi sembrava stare alla maglia amaranto come il fantasma di uno sconosciuto. Con quelle poche parole, Giusva era riuscito a trasmettermi il suo entusiasmo, la sua idea.
Riavvolgendo il nastro di ciò che è stato, sembra di rivivere la pellicola di un film di quelli che ti tolgono il fiato, una pellicola che viaggia ai ritmi di un treno in piena corsa. Le difficoltà (enormi), i veleni, le gioie (poche, ma importanti), le scelte difficili, la corsa contro il tempo, la speranza. Un flipper impazzito, da luglio a gennaio, nel quale ho sempre visto lo sguardo fiero di un uomo che stava dando tutto. Un uomo che sorrideva anche quando era stanco. Che mostrava alla sorte i denti stretti, anche quando il margine tra il ciglio ed il burrone si era tremendamente ridotto.
Poi, l’arcobaleno. Sarebbe fallita la Reggina senza l’avvento di Luca Gallo? Forse. O forse no. Non è questo il punto. Il dato oggettivo è che quel gruppo nuovo di zecca di cui Giusva Branca era stato non solo uno degli attori protagonisti, ma anche e soprattutto il “padre fondatore”, alla fin della fiera aveva risalito la china della classifica, a due punti dal quinto posto. Senza campi. Senza stadio. Senza una sede. Ma con tanta, tantissima regginità .
Oggi la storia è cambiata. C’è una Reggina che pensa in grande, che ha mezzi enormi. Che ha risvegliato l’entusiasmo di tutti. Ma alla vigilia di un nuovo sogno, il mio doveroso pensiero è verso quell’uomo che ha sorriso anche quando di motivi per sorridere non ce n’erano. Ricordando che al di là dell’aspetto umano, Giusva Branca a modo suo ha rivoluzionato il concetto base di club manager per quanto concerne il rapporto con il popolo, se è vero come è vero che negli ultimi decenni non è esistito un dirigente che, dopo una partita, sia andato ai microfoni di radio e tv a sostenere che ” Se vogliamo ridare slancio a questo calcio, dobbiamo riconsiderare la posizione degli Ultras, capire quanto siano importanti”.Â
Il fatto che oggi Giusva non faccia parte della Reggina, mi dispiace parecchio. Mi dispiace per la Reggina, perché senza nulla togliere ai professionisti che sono rimasti ed a quelli che sono arrivati ed arriveranno, il club ha perso una risorsa enorme. Di quelle forgiatesi attraverso il fuoco dell’appartenenza.
“Vedi amico mio, io posso dare una mano alla squadra ed alla città che amo, sarà una battaglia ardua ma vale la pena affrontarla“. Si, ne è valsa comunque la pena. Grazie Giusva…
Commenti