In un gruppo, che sia esso di sport o manageriale, poco importa la prestazione del singolo. Si vince e si perde di squadra. A Catania non ha perso Confente. Ha perso la Reggina. E qualche incidente di percorso alla prima stagione tra i professionisti è preventivabile. Forse è ancora troppo vivo il ricordo di un portiere come Tommaso Cucchietti, che nel giro di qualche settimana ha fatto innamorare il pubblico di fede amaranto con interventi prodigiosi ed un’invidiabile sicurezza tra i pali così come nelle uscite.
L’eccezione che conferma la regola. Per diventare “calciatori” bisogna anche sbagliare. E ricevere “schiaffi”. Alessandro Confente ha dimostrato carattere. Venire fuori da un periodo piuttosto buio come quello che ha accompagnato la trasferta del Massimino non era per nulla semplice. E invece l’estremo difensore di proprietà del Chievo ne è venuto fuori alla grande.
Già al Ceravolo di Catanzaro ci è voluto un chirurgico colpo di testa di Infantino per alzare la saracinesca. Incolpevole nei successivi sei gol incassati tra la gara con il Rieti e quella con la Cavese, passando per Lentini. A Caserta il terzo clean sheet stagionale (il quarto era arrivato con Licastro tra i pali). Merito anche e soprattutto di tre decisive parate su D’Angelo e Pinna. A diciotto anni è fisiologico commettere peccati di inesperienza. Dagli errori, però, bisogna trarre insegnamento. Confente studia per affermarsi.
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