Era l’8 dicembre del 2010, le ambizioni d’alta classifica della Reggina avevano subito una bella “botta” dall’Albinoleffe, riuscito a sbancare sorprendentemente il Granillo per 1-2. In quel campionato, che vide gli amaranto di Atzori sfiorare il ritorno in A, non era per niente facile passare in riva allo Stretto: a conti fatti, oltre ai bergamaschi ci riuscì soltanto il Cittadella.
Quel giorno, nel post-partita, il primo a presentarsi fu proprio Emiliano Mondonico. Nessuno, forse neanche lui, sapeva che da lì a poco “il Mondo” avrebbe iniziato la sua lunga battaglia contro quel maledetto tumore che oggi ha privato il calcio italiano di uno dei suoi protagonisti più veri e genuini. Una battaglia che lo costrinse a lasciare l’Albinoleffe a gennaio del 2011, ma non gli impedì di ritornare a distanza di appena un mese, riuscendo a salvare i bergamaschi al termine dei playout.
Tornando a quel pomeriggio di otto anni fa, l’allora tecnico della “Celeste” si intrattenne parecchio nella sala stampa del Granillo. Spiegando calcio, prendendosi la scena come solo lui sapeva fare: autorevolezza, ma allo stesso tempo garbo e sorriso. Tra i passaggi di quella “chiacchierata”, che in un giorno così triste assume un valore doppio e lascia in chi la ricorda un enorme senso di tristezza, ce ne sono due che riecheggiano nitidamente.
Il primo, riguarda il modo con cui i suoi ragazzi avevano sovvertito il pronostico. “Sapevamo di venire su un campo difficile- esordì Mondonico-e sapevamo che di fronte a noi c’era un avversario più forte. Lo abbiamo affrontato mettendo tutta la nostra qualità . Siamo tutti convinti che la parola qualità sia sinonimo unicamente di azioni manovrate, numero di palle gol costruite, palleggi e verticalizzazioni. In parte è anche vero, ma io credo che la qualità , specie per una squadra di provincia che deve salvarsi, la vedi nella capacità di saper soffrire, di saper accettare con umiltà quando la partita viene condotta dagli altri, rincorrendo in ogni zona del campo il tuo avversario, per poi colpirlo appena hai l’occasione giusta. Dite che abbiamo vinto grazie a delle ottime ripartenze? Si, la sostanza è quella, anche se per me si chiama ancora contropiede, ma siccome in Italia abbiamo deciso di fare i moderni, lo abbiamo sostituito col termine ripartenze…“.
Il secondo ricordo, ancora più bello, riguarda il modo con cui rispose al perchè avesse deciso di ripartire dal basso. Lui che aveva vinto una Coppa Italia. Lui che aveva eliminato il Real Madrid e portato il Toro alla finale di Coppa Uefa con l’Ajax, persa solo per un rigore clamoroso ed incredibilmente negato (chi non ricorda la celebre scena della sediolina agitata dal Mondo ad Amsterdam). Lui che aveva portato l’Atalanta dalla B all’Europa. Lui che in B aveva vinto cinque campionato.
“Il mio calcio- sentenziò-vive di sfide, di stimoli e di passione. Prima ancora che della categoria e del club che stai guidando, conta ciò che senti dentro, ciò che hai da offrire ai tuoi ragazzi, alla tua società , ai tifosi. Sono convinto che salverò l’Albinoleffe, e quella che per altri potrà valere come una semplice salvezza, per noi sarà una grande vittoria”.Â
Una lezione di calcio, una lezione di vita. Uno degli ultimi insegnamenti del Mondo…
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