Una richiesta ampiamente prevedibile, ma che fa comunque parecchio “rumore”. Nell’ambito del dibattimento svoltosi questa mattina dinanzi al Tribunale Federale Nazionale, la Procura Federale ha usato la mano pesante per Catanzaro ed Avellino, deferite in merito ad una presunta tentata combine, riguardante la sfida disputatasi tra giallorossi e biancoverdi nel maggio del 2013. Secondo l’accusa, le due società si sarebbero accordate per far finire il match in parità , ma gli ospiti fecero saltare l’accordo in corso d’opera, per centrare la promozione in B con un turno d’anticipo (0-1 il risultato finale).
Il tutto, lo ricordiamo, nasce dall’inchiesta giudiziaria “Money Gate“, nei confronti dell’ex Presidente delle aquile Giuseppe Cosentino, indagato insieme alla figlia Ambra per reati finanziari riguardanti l’azienda Gicos. L’attuale proprietà del Catanzaro dunque, è completamente estranea ai fatti contestati, ma deve comunque rispondere in conseguenza del principio di responsabilità “diretta ed oggettiva”. Il processo sportivo, vede coinvolti anche Giuseppe Cosentino, Armando Ortoli (ex ds del Catanzaro), Andrea Russotto (ex calciatore del Catanzaro, attualmente in forza al Catania), Walter Taccone ed Enzo De Vito (attuale Presidente ed attuale direttore sportivo dell’Avellino).
La Procura Federale punta dunque alla retrocessione all’ultimo posto delle due squadre, che in tal caso si ritroverebbero retrocesse ad una categoria inferiore (in C l’Avellino, in serie D il Catanzaro), con tre punti di penalizzazione in classifica da scontare per il campionato 2018/2019. I legali di giallorossi e biancoverdi invece, hanno chiesto la piena assoluzione, respingendo le accuse formulate.
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