Nel post match del Granillo, davanti ai microfoni dei giornalisti, ci saremmo aspettati di vedere un Karel Zeman letteralmente furioso, vista la prova tra l’inconcepibile e l’imbarazzante, offerta dai suoi ragazzi contro la Vibonese. Con nostro stupore, abbiamo visto un tecnico quasi dimesso, che si è limitato a prendere atto di una serata da incubo.
Più volte sollecitato sul perché di alcune scelte il tecnico ha sempre girato attorno alla risposta, senza mai però assumersi quelle responsabilità quanto mai evidenti, specie ieri dopo una delle peggiori prestazioni della Reggina 2016-2017. Probabilmente la peggiore. E non solo per la carenza di gioco e di occasioni da rete, ma soprattutto per l’atteggiamento. Mai come ieri la Reggina ha giocato per difendersi: in casa contro l’ultima in classifica, la Vibonese, che per quanto visto al Granillo tutto merita tranne che essere il fanalino di coda del girone C.
L’approccio, così come successo a Matera, ha fatto la differenza: dopo due minuti i rossoblù avevano già ampiamente fatto capire che avrebbero lasciato sudore e, se necessario, anche altro sul terreno di gioco. Gli amaranto invece hanno iniziato (e finito) con la paura negli occhi e nelle gambe, con la rigidità tattica di chi ha il compito severo di non esporsi. Ma questo Zeman in sala stampa, a fine match, non lo ha voluto ammettere. Non ha ammesso che Toti Porcino, in precarie condizioni fisiche, è stato comunque schierato e obbligato a novanta minuti di contenimento, prima sulla linea dei centrocampisti, poi addirittura su quella dei tre centrali difensivi. E Zeman non ammette che, l’ingresso di Maesano (tardivo, perché avrebbe dovuto trovare spazio già dal primo minuto della ripresa dopo l’infortunio di Possenti) non ha modificato nulla nell’atteggiamento dei suoi, visto che l’esterno destro è stato “sequestrato” a 80 metri dalla porta avversaria dalle imposizioni del tecnico.
E se Zeman ha pensato di giustificare con “in settimana abbiamo provato delle cose, in partita ne abbiamo fatte delle altre”, non ha capito che ciò rappresenta un’aggravante e non certo una giustificazione: di chi è infatti la colpa se i calciatori non mettono in pratica quanto provato in allenamento, del magazziniere o del giardiniere? Non è forse compito di un allenatore farsi seguire dalla sua squadra?
Perché se Zeman afferma queste due cose, entrambe gravi, sono all’orizzonte: o la squadra non lo segue più, oppure sta di nuovo evaporando, proprio come successo da novembre a fine dicembre. Solo che stavolta, il tempo per rimediare è finito.
La Reggina, di questo passo, affonda nel baratro della retrocessione senza riuscire a scuotersi. Assistendo, inerme, ad una caduta libera irrefrenabile. E che non si speri nei play-out: questa squadra non pare avere le qualità caratteriali utili per uscire da un doppio scontro lacrime sangue con gli onori della vittoria. La Reggina sta sprofondando in serie D, e sembra che i diretti interessati non se ne stiano accorgendo.
Perché se il tecnico è stato il principale responsabile di una prestazione quasi “offensiva” per gli spettatori presenti ieri sera al Granillo, non è ovviamente il solo colpevole dell’andazzo generale. Tutte le responsabilità, devono essere distribuite equamente. Funziona così quando le cose vanno bene, funziona così quando tutto va per il verso sbagliato.
L’unica conferenza stampa del 2017 in cui abbiamo visto un dirigente, è stata quella successiva a Reggina-Monopoli. In quel caso però, non si è parlato di calcio: la preoccupazione del Presidente era quella di leggere e commentare (primo caso in Italia, forse anche in Europa…), ciò che viene scritto su facebook. Insomma, tutte cose che nell’economia di un campionato non hanno alcun tipo di rilievo o di incidenza.
E l’andamento della squadra? E le problematiche reali? Niente, di quelle ne parla solo Zeman, visto che anche il direttore generale, tranne qualche rara e brevissima eccezione, non sta rilasciando alcuna dichiarazione. Siamo intenti a stilare classifiche tra veri tifosi e pseudotifosi, tra strumentalizzatori e portatori di onestà intellettuale. A dire quali sono i titoli e le critiche non consentite, e quali invece possono andar bene. Ma in un momento del genere, non sono certo i post su facebook o le critiche (qualsiasi critica, anche la più feroce, in riferimento a quanto visto ieri sarebbe sacrosanta), a fare punti e classifica.
Da questa situazione si esce sedendosi intorno ad un tavolo, guardandosi in faccia, facendo quadrato. Prendendo decisioni, stando a contatto con questi calciatori il più possibile. Senza alibi, formalità o ricerca continua di nemici immaginari. Da due settimane, la Reggina è sparita di nuovo, e di sicuro la squadra svogliata ed impaurita degli ultimi 180 minuti altro non è che una vittima sacrificale sull’altare della serie D. Da Siracusa alla Paganese, un ciclo di otto partite che rappresenta l’ultima occasione per evitare una retrocessione che molto probabilmente segnerebbe un nuovo baratro. E’ il momento di mettere in campo tutte le forze, le energie e le capacità possibili. Si faccia il massimo, per evitare un nuovo incubo…
v.i.-f.i.
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