Prima in casa contro il Cosenza e una settimana dopo al Via del Mare contro il Lecce. La Reggina è dentro la settimana che ha chiuso la sfida coi lupi e apre quella con i salentini. C’è un calciatore, ex amaranto tanto amato in riva allo Stretto, che ha castigato queste due compagini in passato quando appunto era a Reggio Calabria: il suo nome è Davide Dionigi.
Chi meglio di lui, quindi, per riannodare il filo dei “ricordi amaranto” e parlare proprio di una gara di 20 anni fa a Lecce che da solo portò a casa: “Con l’avvento di Guerini – racconta Dionigi a Tutti i Figli di Pianca – eravamo un po’ in ripresa. A Lecce andammo sotto con il gol di Francioso ma prima pareggiai guadagnandomi e trasformando un rigore e poi segnai il gol vittoria in tuffo. Per me la vera Reggina era quella: un ambiente sano e genuino, uno spirito generale diverso e nuovo che anticipò poi gli anni d’oro della A. Io tra l’altro arrivai quell’anno dovendo ereditare la pesantissima eredità di Aglietti, qualcuno storse il naso all’inizio ma poi feci centro 24 volte, fu un’annata straordinaria e una grossa mano me la diedero anche i vari Poli, Ciccio Marino, Giacchetta, Visentin. Inoltre a quell’età avevo anche un carattere un po’ particolare”.
Ma Dionigi e Reggio Calabria non sono solo passato remoto (da calciatore), ma anche passato recente (da allenatore). Quali le cause della non felice conclusione dell’avventura da tecnico qualche anno fa? L’ex attaccante dice la sua: “Secondo me non c’era più quel modo di fare calcio che ha caratterizzato la Reggina negli anni d’oro, quella lucidità nella gestione di certe situazioni. Io ero venuto per costruire un progetto di due anni, la squadra non era male e giocavamo anche bene. Dopo i quattro punti nelle prime due gare perdemmo a Verona per due disattenzioni ma ce la giocammo alla pari, mi aspettavo i complimenti ma invece non arrivarono, ed è anche a questo che mi riferisco quando parlo di diversa gestione. Stesso discorso a Sassuolo dove perdemmo 3-1 ma nel primo tempo prendemmo i neroverdi a pallonate. Diciamo che non si è avuto coraggio nè dall’una nè dall’altra parte”.
Da qui, una parentesi sul calcio attuale, sulla tanto agognata parola “progetto” le società  utilizzano senza consapevolezza delle conseguenze specialmente nella scelta di un tecnico: “Adesso un allenatore, nell’accettare o meno una panchina, non deve più guardare al blasone della piazza ma alla sicurezza di poter lavorare bene, lo dimostrano l’ascesa di piazze come Chievo o Sassuolo a differenza di alcune nobili decadute. La progettualità vera, l’ambiente tranquillo e sano aiutano certamente di più che lavorare in grandi città dove però c’è l’assenza di un progetto”.
E la Reggina attuale? Quale il pensiero di Dionigi? “Non son riuscito a vedere neanche una partita degli amaranto in questa stagione, sono vicino casa e mi sto spostando un po’ guardandomi attorno. Da quello che leggo e sento è in crescita, per ora non c’è l’assillo di raggiungere i playoff, si sta scendendo in campo tranquilli e consapevoli di puntare alla salvezza. E’ chiaro che, se si intravede una crescita ulteriore, si può anche puntare a qualcosa in più. Quali armi da utilizzare a Lecce? Ascolto spesso mister Zeman, secondo me se la può giocare sull’intensità , si può fare bella figura e anche risultato”.
In ultimo, una battuta su un eventuale ritorno a Reggio: “E’ passato poco tempo e pochi anni dalla mia ultima esperienza qui ma c’è adesso una nuova società e un nuovo progetto, un domani sicuramente tornerò a Reggio e spero di poter finire quanto ho iniziato…”
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