Un altro di quei calciatori che non si possono non ricordare con piacere ed un pizzico di nostalgia, un altro di quegli uomini che hanno onorato fino all’ultima goccia di sudore la maglia amaranto. Con la Reggina dal 1990 al 1996: 144 presenze impreziosite da un gol, una promozione dalla C1 alla B nel campionato 94/95. L’angolo riservato da Tutti Figli di Pianca alle bandiere amaranto, oggi è stato dedicato a Maurizio Vincioni, già ospite ai microfoni di Touring lo scorso anno.
“Ogni volta che ricevo chiamate da Reggio- esordisce Vincioni-, per me è sempre una sensazione particolare. L’amaranto ce l’ho nel cuore, i ricordi sono centinaia sia nel campo che nella vita di tutti i giorni, basti pensare che nel 94, a Melito, è nato mio figlio. Sei anni sono tantissimi, eppure mi sembra che siano volati via, per l’intensità con cui li ho vissuti insieme ai miei compagni“.
La macchina del tempo scorre in maniera tanto ‘dolce’ quanto veloce, Vincioni ricorda partita per partita, risultato per risultato. Il primo anno in riva allo Stretto fu tutt’altro che semplice, e non solo riguardo l’aspetto calcistico. “Tutto ci saremmo aspettati, tranne che di retrocedere. Eravamo una squadra davvero forte, ma in quel campionato girò tutto storto. Il 1991 per me fu un anno bruttissimo, soprattutto perchè a luglio venne a mancare mio padre. Conservo ancora le foto del derby vinto contro il Messina, che ritraggono me e mister Graziani sotto la vecchia Curva Nord: fu proprio quella, l’ultima volta in cui mio padre vide una mia partita dal vivo”. Tra le note dolenti, il grave infortunio subito al Porta Elisa di Lucca: per l’ex difensore, rottura della gamba e parecchi mesi di stop. “Stavamo vincendo 0-2, con quel successo potevamo davvero tornare in corsa per la salvezza. Purtroppo subii quell’infortunio che si rivelò molto serio, e nella ripresa subimmo la rimonta della Lucchese, che si portò sul 2-2. La vera batosta tuttavia, secondo me fu quella subita tre giornate prima, quando perdemmo in casa contro la Triestina ultima in classifica, al termine di una partita che dovevamo vincere a tutti i costi e che ci vide sbagliare tantissimi gol“.
La Reggina torna in serie C, e nei primi due anni rischia una doppia retrocessione che avrebbe portato il club al collasso economico. “Furono campionati difficili anche quelli, ma la passione e l’amore per la maglia non mancavano mai. Sia nel primo che nel secondo campionato, saltai tutto il girone d’andata: nel primo caso per via dell’infortunio e nel secondo per alcune incomprensioni col Presidente Foti, anche se a riguardo devo riconoscere le ragioni della società , ed ammettere di esser stato presuntuoso. I tifosi a volte ci contestavano per stimolarci, ma conti fatti non ci hanno abbandonato mai, neanche quando per dimostrare il loro dissenso restavano fuori dal Comunale. Il vero rischio di finire in C2, lo corremmo nel 91/92: ci salvammo all’ultima giornata, ma secondo me la vera svolta ci fu a Chieti, quando vincemmo col gol di De Vicenzo abbandonando l’ultimo posto. E poi come dimenticare la partita col Siracusa, scontro diretto ad un turno dalla fine: Frascella ci regalò un successo di importanza vitale, quel giorno il Comunale era pieno in ogni ordine di posto“.
Passata la burrasca, riprende il cammino verso la gloria. “Meritavamo di tornare in B già nel 93/94, quando ci eliminò la Juve Stabia ai playoff. La cosa assurda è che concludemmo la stagione con tantissimi punti in più di loro, se fosse successo qualche anno dopo saremmo andati direttamente in finale con la Salernitana. All’epoca, il regolamento non teneva conto del distacco durante il campionato, e soprattutto le semifinali si giocavano in due gare, andata e ritorno, con i gol in trasferta che valevano doppio. Oltre a questo, pagammo tantissimo l’infortunio di Mimmo Toscano, che per noi era un calciatore fondamentale“. Una vera beffa dunque, ma il ritorno in B è solo rimandato. “Nel ’95, finalmente riportammo Reggio dove meritava, stabilendo anche il record di difesa meno battuta d’Italia. Ci siamo ripresi la serie B andando a vincere ad Avellino a sei giornate dalla fine, nello scontro diretto: avevamo solo tre punti in più di loro e quel giorno il Partenio era una bolgia, ma sospinti da più di mille tifosi reggini dimostrammo ancora una volta di che pasta eravamo fatti“.
Poli, Aglietti, Pasino, Mariotto, Giacchetta, Vincioni, giusto per citarne alcuni: non solo qualità , ma anche carisma e personalità da vendere. “Eravamo un gruppo vero, unito. L’entusiasmo che si respirava intorno a noi era l’arma in più. Senza dimenticare mister Zoratti, che è stato l’allenatore da cui ho appreso di più: per lo spirito che avevo in campo, mi chiamava ‘William Wallace‘ (celebre condottiero scozzese del 1200, ndr). Mi piace ricordare anche Torbidoni, calciatore dal talento straordinario che a soli 18 anni contendeva il posto a Manari, altro big di quella Reggina: Steven è stato davvero sfortunatissimo, a soli 26 anni ha dovuto smettere per un grave infortunio. Si, quella era una grande squadra, nel calcio di oggi avrebbe potuto vincere anche il campionato di serie B“.
Altri due anni in Calabria, con la fascia da capitano al braccio. Poi, Maurizio Vincioni e la Reggina si salutano: “Separarmi da questa maglia è stato un dispiacere– conclude- ma alla fine ha prevalso la gioia di averla indossata, e di aver lasciato la Reggina in serie B, proprio come l’avevo trovata...”.
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