Un riconoscimento a chi esalta lo spettacolo del calcio dilettantistico. Settimanalmente ReggioNelPallone.it – giornale sportivo online più letto in Calabria – premia il miglior allenatore nell’ambito del panorama dilettantistico reggino. Un premio destinato al tecnico di una squadra che si è distinta per una importante vittoria, una grande prestazione o un gesto particolarmente meritorio.
L’ALLENATORE DELLA SETTIMANA (SERIE D – ECCELLENZA – PROMOZIONE) DI RNP E’ ROCCO BRANDO
Una vita al Brancaleone. E non potrebbe essere altrimenti per lui, che a Brancaleone è nato e cresciuto. Come un figlio l’ha lasciata per un pò di tempo dopo essersi fatto le ossa, ma come un figlio ci è ritornato. Stiamo parlando di Rocco Brando, allenatore del Brancaleone scelto come mister della settimana alla luce dell’importantissima vittoria di domenica contro l’Acri.
Mister, partiamo da domenica: avete ottenuto tre punti importanti contro un’ottima squadra.
“Esattamente, l’Acri è squadra ostica e nonostante la partenza ad handicap siamo riusciti a riprenderci, rimontando e chiudendo la gara. Ad inizio gara ci è stato annullato un gol e successivamente abbiamo subito lo svantaggio con il nostro portiere infortunato. Grazie all’immediato eurogol di Luciano, poi, abbiamo preso coraggio conducendo un altro tipo di partita. Il manto erboso del nostro stadio purtroppo non ci aiuta: i terreni di gioco in erba naturale, in questo periodo, non sono in buone condizioni, così come domenica, ma per fortuna abbiamo comunque ottenuto i tre punti”.
A proposito di campo amico: dopo una prima parte di torneo così e così in casa, nelle ultime tre gare avete ottenuto nove punti. Un cambio di marcia notevole.
“L’assenza di vittorie in casa era un tabù che ci portavamo dietro dall’anno scorso: in trasferta si vinceva, tra le mura amiche si stentava. Da quando ci siamo sbloccati con la Paolana, però, siamo stati bravi ad incamerare i tre punti con altre due ottime squadre come Sambiase ed Acri. Secondo me era un problema più che altro psicologico e, anche se le caratteristiche dei miei calciatori fanno si che si possano ottenere più punti fuori casa, è nel nostro stadio che dobbiamo costruire la salvezza”.
Lei è di Brancaleone, quindi suppongo che anche la sua carriera da calciatore sia stata contraddistinta da questi colori.
“Calcisticamente sono cresciuto a Gioia Tauro, nella scuola calcio di Mimmo Mercuri. Poi sono stato nei settori giovanili di Bovalinese prima, e Campobasso poi. Da lì il ritorno, quasi definitivo, a Brancaleone. Quasi perchè c’è stata una breve parentesi a Gallina: due anni in cui ottenemmo la promozione dall’Eccellenza e subito dopo la retrocessione. Dal 2002 al 2008 sono stato allenatore giocatore del Brancaleone ma, a causa della seconda rottura del crociato anteriore, ho abbandonato il rettangolo verde e mi sono messo in panchina”.
Quindi ha iniziato giovanissimo ad allenare?
“Si, avevo 31 anni e per questo ringrazio il mio ‘padre calcistico’, il compianto Enzo Galletta, che ha creduto in me sempre affidandomi la panchina appunto giovanissimo. Adesso, nonostante non sia anziano, con quattordici anni da tecnico posso definirmi esperto”.
Visto che si parla di esperienza e di persone importanti della sua carriera, c’è qualche tecnico in particolare che le è rimasto nel cuore o che magari l’ha aiutato a crescere umanamente prima che calcisticamente?
“Sono stati tutti importanti nella mia crescita, anche nei settori giovanili. Se proprio devo citarne uno dico Pietro Sofi: ero già un calciatore esperto ma lui mi ha fatto definitivamente maturare come uomo spingendomi anche ad intraprendere la carriera di allenatore”.
Mentre la partita che le è rimasta dentro?
“Sono tante anche quelle, parlando personalmente però scelgo un Brancaleone-Polistena, che tra l’altro era capolista. Non avevamo attaccanti quel giorno, due erano infortunati e uno squalificato, e il mister, che era appunto Sofi, non sapeva che fare. Io però, che ero centrocampista e mai avevo giocato punta, chiesi all’allenatore di farmi giocare avanti. Quella gara la vincemmo 1-0 con un mio gol e in dieci uomini, ma ricordo più di tutto con piacere il grido dei nostri tifosi: ‘Leoni! Leoni!’. Non lo dimenticherò mai”.
Come ha detto lei anche se giovane si può già definire esperto: in merito a ciò, quali sono gli obiettivi futuri?
“A me piace il calcio,  e ci sono dentro da una vita. Mi piace lavorare soprattutto coi giovani perchè secondo me è con loro che si vede al meglio il lavoro di un allenatore. Li puoi allenare prima mentalmente, facendoli diventare uomini, che calcisticamente. Il mio sogno sarebbe magari quello di lavorare con il settore giovanile di una squadra professionistica”.
Chi dice che i sogni si definiscono tali in quanto impossibili da realizzare si sbaglia di grosso, e le storie di alcuni uomini lo dimostrano. Chissà che non sia così anche in questo caso…
(Foto: Gioiasport)
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