In alto i calici, fuori l’orgoglio. Oggi, lunedì 11 gennaio 2016, i colori amaranto spengono la centoduesima candelina. Una vita, un brivido interminabile, impossibile da racchiudere e difficile da spiegare . Non è solo una squadra di calcio la Reggina. Non è soltanto un club. E’ di più, infinitamente, meravigliosamente di più. La Reggina è prima di tutto un sentimento, è la chiave che apre lo scrigno dei valori e li fa volare liberi. Calciatori, dirigenti, tifosi, tecnici. Uomini che hanno stretto una bandiera, portando gloria e delusioni, amarezza e felicità , sorrisi e rabbia. Proprio come in una storia d’amore che si rispetti.
E’ un po’ sgualcita la nostra bandiera, un po’ scolorita. Oggi non luccica più come ai tempi in cui rappresentava il vanto non solo del suo popolo, ma dell’intera Calabria. E’ sgualcita si, ma sventola ancora fiera. Folli coloro i quali pensavano la si potesse ammainare. Sono cambiate le categorie, le mode, i protagonisti. Ma quella bandiera è lì, a spasso nel tempo. Sventola accanto ad una maglia, ed  entrambe non sono di nessuna società , perché appartengono solo alla gente. Questa maglia, questa bandiera, questi colori, hanno un solo padrone: la mano di un padre, che accarezza il proprio figlio e tramanda ad esso un’emozione sincera, pulita, unica. Concetti già espressi in precedenza, da parte di chi come noi il calcio prova a raccontarvelo non sono attraverso la professionalità ed il duro lavoro quotidiano, ma anche e soprattutto attraverso l’anima. Mai come in questo momento, ciò che stiamo scrivendo ci sembra di toccarlo, mentre brilla tra gli occhi lucidi. Fuori da uno schermo o da una tastiera…
E’ un periodo delicato in riva allo Stretto, in cui bisogna stringere i denti e cercare risposte importanti. Chi ama la Reggina al di là di stereotipi e luoghi comuni, ha avuto la forza di cadere in piedi. La voglia di ricostruire, batte dentro  le vene come la delusione provata questa estate. Tanta la strada da fare, tante le cose da riconquistare.
Adesso però, il desiderio è soltanto uno: alzarsi in piedi, e dire GRAZIE. Grazie a tutti coloro i quali, anche per un solo attimo, hanno scritto 102 anni di storia. La storia più bella, quella che ha avuto inizio l’11 gennaio del 194. Quella che non finirà mai, perchè ci saranno sempre un padre ed un figlio pronti a riscriverla anche nei momenti più tristi e bui…
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