AVERSA, STADIO BISCEGLIA – Di padre in figlio. E’ il senso di una passione che passa di generazione in generazione. Se oggi inizi una nuova storia o ne riparta una carica della gloria e del dolore di un passato recente e lontano è compito della coscienza, autonoma ed insindacabile, di ogni appassionato stabilirlo. Ciò che è certo ed oggettivo è che oggi, al Bisceglia di Aversa, è scesa in campo Reggio Calabria, intesa come club e come rappresentante sportiva della città , erede naturale di quella che fu (e ancora sarà ) la Reggina.
Se gli amaranto avevano bisogno di una terapia d’urto per acclimatarsi in questa nuova desolante dimensione arriva in loro aiuto, si fa per dire, il direttore di gara. Passano appena 7 giri d’orologio, Dentice contrasta D’Ursi. Solo il sig. Fusco di Brindisi ravvede i presupposti per un rigore che Maggio realizza. Neppure il tempo di rimettere al centro e Reggio Calabria resta in dieci: rosso diretto sventolato sul viso di Roselli reo, secondo l’arbitro, di aver alzato il gomito in un contrasto ruvido. E’ il decimo minuto, gli amaranto sono sotto nel punteggio ed in inferiorità numerica.
Tutto ciò che Cozza aveva preparato finisce nel cassetto, come il coraggioso tridente schierato dal 1′: il centravanti Tiboni lascia il posto al centrale difensivo Brunetti, Corso avanza a centrocampo e la squadra si ridispone con un 4-3-2. Ciò che più conta, non perde la propria naturale propensione ad organizzare gioco. Assorbito lo shock, è la squadra dello Stretto a sequestrare il pallone e proporsi sorretta dalla mente di Corso, dalla personalità di capitan Lavrendi e dal coraggio dei due under schierati sulle corsie esterne, Maesano e Dentice. Sale la pressione amaranto, Arena scalda i guanti del portiere con un destro violento diretto sotto la traversa, sul finire di tempo il piatto destro di Maesano è largo di un soffio al termine di un’azione corale da applausi.
Luogo comune terribilmente abusato commentando questo sport, per una volta amara realtà per gli amaranto: la Reggio Calabria torna negli spogliatoi con uno svantaggio frutto unicamente degli episodi avversi.
La ripresa prosegue con la stessa inerzia della prima frazione, gli amaranto insistono con carattere e determinazione, avvolgono un’Aversa che si consegna al possesso palla affidandosi unicamente alle ripartenze, retrocedendo minuto dopo minuto, metro dopo metro a protezione del fortino. Cozza coglie il messaggio e rischia il tutto per tutto: fuori il terzino Dentice, in campo l’attaccante 96 Bramucci, con addirittura Arena che retrocede sulla linea di difesa con ampia libertà in fase offensiva. La prova del numero 10 ex Akragas conosce una crescita esponenziale nel corso dei 90′, la generosità dimostrata nell’inconsueta posizione difensiva è un’ulteriore nota di merito. Dal suo piede nasce il cross che Maesano manca solo per pochi centimetri, sono le prove generali per il pari. Cozza lancia un’altra punta, Pelosi, per il difensore Brunetti. L’assalto premia l’orgoglio amaranto: lo stesso Pelosi trova Bramucci solo davanti al portiere, tiro ribattuto sul quale si fionda Maesano e ribadisce in rete.
La gioia dell’ex Hinterreggio è incontenibile, la corsa che lo porta ad aggrapparsi alla recinzione del settore ospiti la rappresenta in modo viscerale. E’ il minuto 85, pari sacrosanto, ma a salire in cattedra è nuovamente il direttore di gara. E’ lui a stendere gli amaranto. Un contrasto (?) in area viene giudicato falloso e l’Aversa torna implacabile dal dischetto. Nuovamente sotto, non basta. Un’entrata, questa volta avventata, dello stesso Maesano comporta il terzo rigore per i padroni di casa, l’unico ad avere i presupposti per poter essere definito tale. Ventrella respinge la conclusione di Prevete ma il pallone torna tra i piedi del calciatore normanno libero di depositare in fondo al sacco il pallone che determina un risultato beffardo, inverosimile alla luce dei binari sui quali si è mosso l’incontro.
Inizia con una beffa il percorso amaranto. Ma inizia. Non è cosa da poco, considerato che il calcio in riva allo Stretto appena 45 giorni fa era un mucchio di cenere.
Commenti