La romantica illusione è franata nell’amarezza. L’operazione salvataggio della Reggina, rilanciata oltre i termini precedentemente previsti, non è riuscita. Non solo. Oggi si affaccia l’insopportabile sensazione che non abbia mai avuto alcuna reale possibilità di esser condotta in porto.
Bando ai vittimismi. Non c’è stato nessun tradimento, almeno secondo le norme. Passare dalla giustificata desolazione per l’accaduto alla demagogica ricerca del colpevole nei poteri forti è un passo breve ma fuorviante. E’ una delle cattive abitudini di questo paese e di questa città in particolare che spesso – con piena ragione – si è lamentata di aver subito torti macroscopici, ma che talvolta tende ad abusare di questo concetto. E’ quanto sta accadendo oggi a seguito dello svincolo dei calciatori amaranto ed il conseguente addio al professionismo della Reggina.
Questo non vuol dire assolvere la Federazione, anzi. La FIGC e l’intero sistema calcio italiano sono accomunati da una desolante approssimazione, da una assoluta mancanza di trasparenza, da un sostentamento che si basa su un fragilissimo equilibrio di compromessi. Lungi da noi difendere l’indifendibile. Di tutto questo è stata vittima la Reggina, è chiaro, ma sono solo alcune tessere di un mosaico più ampio. A prendere in giro la Reggina (e dunque tutti i suoi tifosi) saranno state le traballanti rassicurazioni che avrà offerto il presidente Federale, ma ciò non toglie la grave – a questo punto – leggerezza dei suoi interlocutori. Tavecchio, o chi per lui, è solo una parte del problema e indicarlo come carnefice degli amaranto, rimandare a lui tutte le responsabilità vorrebbe dire non fotografare nella sua interezza la realtà dell’accaduto. Partendo da un presupposto: si è provata una missione impossibile.
Il 14 luglio la Reggina non ha completato l’iscrizione. Il 17 luglio, sulla base del criterio del rispetto del format a 60 squadre della Lega Pro, ha ottenuto la possibilità di poter esser riammessa qualora avesse ripianato i propri debiti e non fosse stato ricevuto un numero tale di domande di ripescaggio per completare le griglie dei campionati. Questo un risultato comunque raggiunto – e tutt’altro che scontato – da Falcomatà , Foti e Praticò. E che resta valido, peraltro. Tecnicamente, qualora la Reggina entro il 27 luglio risolvesse i propri problemi economici sarebbe iscritta al campionato di Lega Pro come “promesso”. Il fatto che è sopraggiunto è lo svincolo dei calciatori che ha così azzerato il patrimonio tecnico del club, contrariamente a quanto era stato prospettato nella nota conferenza stampa post missione-romana.
Saremo impopolari, e ne siamo pienamente consapevoli, ma la normativa parla chiaro. Riassumendola, lo svincolo dei calciatori è una conseguenza diretta della mancata iscrizione. Non essendo stata approvata alcuna “proroga speciale” il dato di fatto è che la Reggina non fosse iscritta a nessun campionato e quindi, essendo la sua ragione sociale l’attività sportiva, non poteva consentire un regolare svolgimento dell’attività dei suoi tesserati. Stando a questo, gli stessi non hanno neppure avuto bisogno di esercitare chissà quali pressioni attraverso le associazioni di categoria perché avvenisse ciò che i regolamenti prevedono in modo automatico. Aver mantenuto il numero di matricola e dunque l’affiliazione non determina il mantenimento del patrimonio tecnico. L’affiliazione resterà tale fino all’avvenuto fallimento del club ed anche oltre (per circa 6-8 mesi) per consentire alcuni passaggi burocratici alla curatela fallimentare.
Se la possibile riammissione al 27 luglio non aveva bisogno di ulteriori pronunciamenti da parte del Consiglio Federale potendo essere garantita anche da un’intesa verbale tra le parti, forti di quanto accaduto nella passata stagione (con il caso Vicenza che obbligò la Lega B a riammettere un club dopo il fallimento del Siena) così non era per lo svincolo dei calciatori. In mancanza di un pronunciamento – scritto e non verbale – di senso opposto, l’epilogo non poteva che esser questo. Se una norma è chiara ed univoca, anche qualora il presidente federale assicurasse l’esatto contrario, non essendo Tavecchio equiparabile al Re Sole che tutto poteva disporre e certificare autonomamente, le parole restano tali così come le normative. Due dirigenti esperti e qualificati come Foti e Praticò, molto più che il Sindaco Falcomatà che non è certo tenuto a conoscere a menadito le NOIF, avrebbero dovuto saperlo. E in ragione di ciò, di fronte alle rassicurazioni che siamo certi Tavecchio abbia offerto (magari spinto dalla necessità di spegnere temporaneamente le pressioni amaranto), avrebbero dovuto pretendere una certificazione scritta delle stesse.
In caso contrario, sempre tenuto conto dell’enorme esperienza in materia di due professionisti affermati quali Foti e Praticò è difficile capire come gli stessi siano potuti cadere in un tranello simile, affidandosi a rassicurazioni verbali senza avere alcun supporto cartaceo-normativo. Immediatamente i tesserati e le società che li avevano puntati avranno chiesto ragguagli al presidente federale circa lo svincolo come da regolamento e Tavecchio, in mancanza di una modifica alla normativa, non avrà certo potuto dire, “ho dato la mia parola alla Reggina”. Ciò che fa fede sono i regolamenti e, purtroppo, parlano chiaro.
Attenzione, ciò che abbiamo appena descritto non toglie l’apprezzamento per l’innegabile, enorme impegno profuso in queste settimane. Non scalfisce il merito di Mimmo Praticò per esser riuscito a ridestare la passione popolare e riunire la tifoseria dietro la bandiera amaranto. Azioni che restano, hanno ed avranno valore. Ma la prima condizione cui un cronista deve rispondere è la propria onestà intellettuale e, dunque, così come nei travagliati giorni appena trascorsi abbiamo riconosciuto e celebrato l’encomiabile determinazione, in questo caso riteniamo opportuno muovere un appunto deciso rispetto a quanto verificatosi.
E allo stesso modo, specie dopo aver ascritto a terzi delle responsabilità , riteniamo doveroso assumerci le nostre. In questa fase, quella immediatamente successiva all’ormai nota conferenza stampa in Comune, abbiamo contribuito ad alimentare una speranza vana. Appurando che la normativa non lasciasse spazio a interpretazioni, a sogni concreti, non avremmo dovuto a nostra volta affidare la fiducia alle intese della politica sportiva che si sarebbero scontrate con la normativa vigente. Perchè la Reggina potesse raggiungere l’obiettivo prefigurato sarebbe stata necessaria una modifica delle NOIF, cosa che non è mai avvenuta.
L’epilogo è stato drammatico, così come lo era stato già lo scorso 14 luglio. Oggi, però, si aggiunge questo senso di ulteriore sconfitta che sarebbe stato doveroso risparmiare alla già oltremodo vessata comunità amaranto.
Il peccato originale è stato quello di non volersi rassegnare ad una realtà durissima da accettare per i protagonisti di questa vicenda, per tutto l’ambiente e anche per noi, semplici cronisti. Ed oggi, tra le macerie, il futuro fa paura.
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