Nella notte tra sabato e domenica si sono completati i quarti di finale della Coppa America 2015 in Cile. Nei giorni precedenti avevano già ottenuto il passaggio alle semifinali i padroni di casa cileni, vittoriosi di misura sull’Uruguay, il travolgente Perù che ha steso la Bolivia, e l’Argentina, avanti solo dopo un’interminabile serie di rigori contro la Colombia. Con i tiri dagli undici metri è finito anche l’ultimo quarto di finale, con il Brasile fatto fuori (per la seconda edizione consecutiva) dal Paraguay.
Privi dello squalificato Neymar, unica vera stella dei Verdeoro, Thiago Silva e compagni hanno mostrato per l’ennesima volta i limiti di una nazionale che negli ultimi anni ha annoverato molti buoni giocatori, ma pochissimi veri campioni. Non dimentichiamo che appena un anno fa il Brasile, padrone di casa del campionato mondiale, passava a stento contro Cile e Colombia, aiutato parecchio dalla buona sorte, venendo poi umiliato in semifinale con 7 reti da una Germania perfetta. Si tratta probabilmente del periodo storico peggiore del calcio brasiliano, periodo in cui, a parte il già citato Neymar, veri fenomeni non se ne vedono.
In generale, si tratta dell’edizione della Coppa America forse più controversa della storia. Mai come questa volta, quasi tutte le nazionali ai nastri di partenza (fatta eccezione forse per la sola Giamaica) arruolavano un numero così elevato di campioni militanti in grandi club europei, dai nomi altisonanti e dai contratti stellari. Di contro, si tratta probabilmente dell’edizione più brutta dal punto di vista tecnico, con squadre incapaci di “giocare a calcio”. L’unica ad aver mostrato quasi sempre una propria identità di gioco è stato il Cile, che ha nello juventino Vidal il fulcro della manovra. Invece una compagine come l’Argentina, qualitativamente la più forte per distacco sulla concorrenza (vedi un reparto offensivo che comprende Messi, Di Maria, Aguero, Pastore, Higuain, Tevez, Lamela e Lavezzi), vive solo di spunti dei singoli con un gioco corale che latita.
Cile e Argentina sono a questo punto le favorite per la finale, ma farebbero male a sottovalutare le rispettive avversarie: i padroni di casa se la vedranno con il Perù, nazionale che raramente ottiene grandi risultati (ultima qualificazione ai Mondiali nel 1982; due volte vincitrice della Coppa America: 1939 e 1975), ma che già nella scorsa edizione era giunta a sorpresa in semifinale, trascinata in questa edizione da Paolo Guerrero, atleta militante nel campionato brasiliano e autore di una tripletta nel quarto di finale contro la Bolivia; l’Albiceleste si troverà a sfidare il coriaceo Paraguay, abilissimo nell’imbrigliare i brasiliani fino a trascinarli alla lotteria dei tiri dal dischetto, in cui Santa Cruz e compagni hanno festeggiato grazie alla mira imprecisa dei Verdeoro. Il rischio per l’Argentina è di ripetere quello che è stato il quarto di finale con la Colombia, con i Cafeteros arroccati in difesa, nonostante un potenziale offensivo comprendente Jackson Martinez, Cuadrado, Ibarbo e con Bacca, Muriel e Falcao in panchina. Tattica attendista che ha portato Messi e compagni a rendersi spesso pericolosi (miracoloso in più occasioni il portiere Ospina), centrando anche qualche legno della porta colombiana; la coda dei rigori, con molti errori da entrambe le parti, ha infine premiato chi comunque nei novanta minuti aveva meritato di più.
L’appuntamento per le semifinali è il 30 giugno a Santiago per Cile – Perù (1:30 ora italiana), mentre l’indomani (stesso orario) a Concepcion la sfida Argentina – Paraguay.
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