Una rivincita, un urlo di gioia figlio della sofferenza ma anche del temperamento. Nel rocambolesco finale che ha visto la Reggina ergersi finalmente a protagonista, c’è un’altra storia che va raccontata e vista da vicino. E’ quella di Gaetano Ungaro, che dopo un lungo girovagare su e giù per l’Italia, finalmente ha coronato il sogno di avere una chances con la maglia della propria città . Critiche giuste unite a cattiverie gratuite, difficoltà  acuite da quella classifica che faceva paura, maledettamente paura: tutto cancellato dal senso di appartenenza verso la maglia amaranto, fino a quei 180 minuti che finiscono dritti dritti nell’album dei ricordi più belli…
COME TUTTO PUO’ CAMBIARE- E’ stato un campionato davvero strano, ma l’epilogo non può che renderci orgogliosi. In 180 minuti abbiamo fatto si che questa stagione sia ricordata prima per la salvezza ottenuta ai danni del Messina, e poi per le difficoltà attraversate.  Siamo passati dai malumori e dalle contestazioni, alla gioia della nostra gente, che ci ha acclamato al San Filippo prima ed in via Marina poi. La salvezza è meritatissima, anche se dobbiamo prenderci le nostre responsabilità e non dimenticare l’autocritica: le contestazioni a volte sono state un po’ ingenerose, ma in altre occasioni le ritengo giustissime. Questa è una maglia storica e gloriosa, ed in alcune partite, inutile negarlo, non siamo riusciti ad onorarla come dovevamo. Proprio per questo, ripeto, siamo doppiamente felici di aver dato alla gente di Reggio una grande gioia, dopo tanti bocconi amarissimi.
MA QUALI REGALI? Mi da un fastidio enorme, sentire parlare di Reggina salvata dal Coni o di Giustizia Sportiva che ci ha fatto chissà quale regalo. Ci siamo salvati sul campo, meritando più dei nostri avversari, ed è giusto che chi ha perso accetti la sconfitta. Quanto successo fuori dal rettangolo verde semmai, ci ha penalizzati, perché vi assicuro che è durissima non sapere quale sia la tua classifica, vedendo ogni mese punti di penalizzazione che riappaiono e scompaiono. Giusto per fare un esempio, siamo andati a Salerno dopo aver battuto prima l’Aversa e poi il Melfi, ed eravamo carichi a mille: ad un solo giorno dalla partita, ci ritroviamo inaspettatamente con altri tre punti di penalizzazione. Sul campo della capolista, ci siamo resi protagonisti di un grandissimo primo tempo, ma alla fine dei conti abbiamo pagato proprio il peso psicologico derivante da quella penalizzazione, che è stato determinante ai fini della sconfitta.
UN CALCIO ALLE…CHIACCHIERE- Sentire dire da qualcuno che Gaetano Ungaro gioca nella Reggina solo perché è il genero di Lillo Foti, ovviamente mi ha creato rabbia e dispiacere. Evidentemente, chi ha sostenuto tale tesi si è dimenticato che Gaetano Ungaro ha 10 anni di calcio professionistico alle spalle, ed ha disputato un mondiale con la nazionale giovanile. Ogni volta che ho messo piede al Sant’Agata o che ho varcato i cancelli del Granillo, Lillo Foti per me è stato il Presidente, nè di più nè di meno. Un rapporto professionale, che non mi ha mai fatto avere favoritismi o trattamenti particolari: sia dalla dirigenza che dai tecnici, sono stato elogiato quando era giusto e sono stato rimproverato quando le cose non giravano, proprio come tutto il resto del gruppo.  Comunque sia, ho cercato di farmi scivolare le cattiverie, in quanto l’unico mio desiderio era quello di contribuire a questa salvezza, e vivere al meglio la chance che sognavo da tempo, ovvero quella di giocare con la maglia della mia città , di lottare per la squadra di cui sono tifoso fin da bambino. Il gol con la Paganese è stato un momento indimenticabile, visto che è arrivato a tempo scaduto e ci ha evitato di incassare un ko interno che sarebbe stato pesantissimo…
FINALMENTE IL GRUPPO- Questo organico poteva disputare un campionato più che dignitoso, lo dicono sia il curriculum dei calciatori esperti che le enormi potenzialità di quelli giovani. Diciamo che nelle prime partite non abbiamo raccolto quanto meritavamo, ma il problema principale è stato un altro: fino a gennaio infatti, c’erano alcune persone che non mi va neanche di nominare, perché pensavano solo a se stesse e se ne infischiavano dei colori e della causa comune. L’arrivo di Belardi, Cirillo ed Aronica, in tal senso è stato determinante: grazie soprattutto al loro contributo, lo spogliatoio si è responsabilizzato, abbiamo cominciato a ragionare tutti alla stessa maniera, lottando insieme e mettendoci a disposizione l’uno dell’altro. Insomma, siamo diventati una vera squadra…
UN ALTRO DESIDERIO…Se mi chiedete quale vorrei che fosse il mio futuro, sfondate una porta letteralmente aperta. Sono di Reggio, amo la mia città e ho nell’anima la maglia amaranto: è naturale che spero di rimanere alla Reggina il più a lungo possibile, anche se dovesse subentrare una nuova società .
Leggi anche…Ungaro a Rnp: “Cari cugini, i derby non si vincono con le chiacchiere”
Commenti