Ultimo giro, ultima corsa, ultima analisi sul rocambolesco campionato da poco passato agli archivi. Nell’immediato post-derby, avevamo tributato i giusti onori ad un ‘figlio del Sant’Agata’ come Emanuele Belardi, che proprio al San Filippo ha dato un addio al calcio degno delle favole a lieto fine: parata-capolavoro su Orlando, quando il punteggio era ancora di 0-0. In mezzo a mille difficoltà , il portiere campano di nascita ma reggino d’adozione è riuscito ad emergere proprio quando contava di più, raggiungendo insieme ai suoi compagni quella salvezza in rimonta per la quale era tornato in riva allo Stretto.
La storia di Belardi, è molto simile a quella di altri tre ‘senatori’, i quali insieme all’estremo difensore hanno di fatto composto lo zoccolo duro di uno spogliatoio che andava ricostruito passo dopo passo, a dispetto del tempo ristretto e di una classifica che faceva davvero paura. Cominciamo dal capitano in carica, ovvero Bruno Cirillo. Tornato a Reggio insieme a Belardi, all’insegna di un legame con Reggio che ormai va inquadrato con un solo termine: incancellabile. Così come in passato, lo ‘scugnizzo diventato uomo” si è rivelato un tifoso in campo, prima ancora che un calciatore. Certo, anche per lui non è stato un percorso tutto rose e fiori, e qualche prestazione al di sotto delle aspettative va registrata. Nei momenti decisivi però, il marchio di Bruno Cirillo non è mancato mai, fino a quella corsa sotto il settore ospiti, in un 30 maggio che è già passato alla storia. Una corsa che a conti fatti vale quanto quella dell’Olimpico di Roma, quando 15 anni fa Bruno fece impazzire 10.000 reggini, colorando d’amaranto la Capitale. Tra i primi a metterci la faccia quando la tifoseria era giustamente ‘imbufalita’, vedi il ko del San Vito. Tra migliori nell’insperato successo col Lecce, tra i migliori nella ‘resurrezione’ di Aversa, ma soprattutto tra i migliori nella doppia sfida playout contro il Messina, laddove insieme ad Aronica ha concesso solo qualche briciola agli spaesati attaccanti peloritani.
Già , Totò Aronica. Forse, il suo cammino è stato quello più difficile. Anche lui rientrato alla base per dare una mano in un momento calcisticamente drammatico. Il rifiuto alla Salernitana per legarsi di nuovo ai colori amaranto, ha spazzato via i malumori del popolo amaranto, rimasto deluso dal suo ‘no grazie’ risalente all’anno prima, quando non se la sentì di accettare l’invito firmato Lillo Foti per rincorrere la salvezza in B. Tutto perdonato, tutto cancellato: Aronica è di nuovo a Reggio, lui di salvezze difficili se ne intende, avendo fatto parte dell’eroica Reggina che nel 2006/2007 mantenne la serie A nonostante 11 punti di penalizzazione. Come detto prima però, le difficoltà sono state parecchie: a causarle, una condizione fisica che andava ritrovata dopo un anno e mezzo ai margini del Palermo. L’infortunio muscolare di Aversa, che di fatto lo ha costretto ad un lungo stop, sembrava avesse chiuso anzitempo la sua stagione. Ed invece no. Totò ritorna, proprio quando la sua esperienza ed il suo temperamento servono come il pane. Totò ritorna, e se ne accorgono, anche se per motivi diversi, sia i tifosi della Reggina che quelli del Messina: lì’ dietro non si passa, il rosso (davvero frettoloso) sventolatogli nei minuti di recupero del San Filippo, non macchia una prestazione sontuosa. La foto che mostra il ‘faccia a faccia’ con Nigro, nella gara uno dei playout, è la migliore cartolina possibile di quanto vi abbiamo appena raccontato.
Belardi, Cirillo ed Aronica: tre ritorni decisivi, ai quali ne va aggiunto un altro. David Di Michele, fino al mese di marzo, era finito fuori rosa, dopo che il Presidente Foti aveva addirittura parlato di rescissione del contratto. Dal Di Michele capitano, inutile negarlo, ci saremmo aspettati di più. Allo stesso modo però, è innegabile che anche lui ha ricalcato un concetto preziosissimo: stringersi intorno ad un simbolo, proprio quando intorno ad esso regnano incertezza e grigiore. Una freccia in più, nell’arco di Alberti prima e Tedesco poi. Certo, a Messina non è stato protagonista sul campo, anche se il cambio ‘suggerito’ al tecnico (“metti Balistreri, non me…”) si è rivelato ugualmente determinante. A rendere tuttavia ‘speciale’ anche il ritorno di Di Michele, c’è anzitutto quel tocco morbido e preciso al 94′ di Reggina-Melfi, in una gara che sembrava stregata. Senza quel gol, la Reggina non sarebbe andata ai playout, retrocedendo nell’inferno della D. Parimenti importante, il colpo di testa vincente contro il Catanzaro, che ha riportato gli amaranto in vantaggio: anche in quel caso, si tratta di un guizzo che a conti fatti va considerato decisivo. Quattro gol, per cancellare tre quarti ci campionato da ‘non pervenuto’ e scrivere una storia che ha tutto un altro sapore.
“Sappiamo che la rimonta è difficile, ma a noi non fa paura niente…“. Parole e musica di Bruno Cirillo, nella conferenza stampa che ne ufficializzava il ritorno a casa. Parole trasformate in fatti soprattutto il 30 maggio, quando un gruppo di uomini ha salvato il calcio professionistico a Reggio. E’ stata dura, è stata maledettamente difficile e non certo priva di giornate amare e batoste sonanti: ma alla fine la corsa verso la salvezza ha visto gli amaranto tagliare il traguardo. I meriti, sono anche di una ‘vecchia guardia’ che ha avuto il coraggio di rimettersi in gioco, ed oggi può sorridere di gusto per il più incredibile degli epiloghi…
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