Un putiferio. E’ bene chiarirlo, a dispetto di tutto, in quel momento assolutamente legittimo e motivato. Day-after del capotto rimediato dalla Reggina al San Filippo, ultima settimana di mercato. Attratto dalle sirene della B e di fronte alle reticenze del club dello Stretto nell’autorizzare la sua partenza considerandolo indispensabile per raggiungere la salvezza, Roberto Insigne forza la mano e lascia il Sant’Agata.
Momento di forte confusione con le parole del suo agente che fanno precipitare il quadro generale. Lo stesso, infatti, si produce in due dichiarazioni paradossali per chi, secondo logica, dovrebbe favorire e tutelare il suo cliente e invece in quella situazione riuscì a metterlo nella peggiore situazione possibile. Senza peraltro neppure raggiungere il suo scopo, la cessione dell’assistito, visto che Insigne restò a Reggio.
“E’ andato via? La maglia della Reggina gli va stretta”, disse appunto Andreotti, l’agente, che proseguì. “Cirillo e Belardi l’hanno minacciato chiudendolo negli spogliatoi”. Salvo poi ritrattare queste parole dicendo che era stato male interpretato quando si accorse del boomerang negativo che aveva generato mediaticamente.
Riconosciuto che ad un ragazzo così giovane e con una così limitata esperienza, pur dovendosi prendere le proprie responsabilità , va riconosciuta l’attenuante di esser stato consigliato nel peggiore dei modi possibili, Insigne doveva riconquistare la fiducia di tutti. Compagni, società , ambiente. Al periodo di allenamenti lontano dal gruppo segue un periodo durante il quale viene riaggregato e ricomincia a prendere il ritmo partita.
Oggi, celebriamo l’eroe del derby d’andata ma, attenzione, non è questo (o non solo questo) a fare la differenza. Insigne oggi merita un elogio pubblico per l’atteggiamento encomiabile avuto, non con le parole ma con i fatti. Non (solo) con i gol ma con il sudore. Si è calato nella parte, non più primadonna ma elemento del gruppo che lotta, suda, rincorre, impreca per il bene della squadra. E’ il sacrificio per la causa amaranto che rende meritati, se non doverosi, gli applausi tributati. Ha fatto parlare il campo, Roberto, e lo ha fatto nel migliore dei modi.
Chi scrive si espresse in modo tagliente all’epoca dell’ormai romanzata “fuga dal S.Agata” ma sente doveroso dargli atto di quanto ha fatto per ricomporre la frattura e andare oltre. Ha impresso il suo nome negli annali e sabato a Messina può entrare, addirittura, tra i grandi della storia della Reggina. Potere di uno spareggio, di un derby, del suo sudore e del suo talento.
“La maglia della Reggina gli va stretta”? Non lo ascoltare, Roberto. Ti veste a pennello, adesso…
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