Una situazione ancora non del tutto chiara ma che, se si dovesse confermare quanto emerso finora, rappresenterebbe l’ennesima pagina nera del nostro calcio. Ma il dilettantismo, in Calabria, non è solo questo…
I FATTI
La formazione di mister Pascuzzo si era recata in terra catanzarese per disputare l’anticipo della ventiquattresima giornata di Eccellenza. La partita, tuttavia, non è mai iniziata.
PAROLA ALL’ACRI – “Siamo arrivati al ristorante “Agriturismo Fassi” – si legge nel comunicato della squadra cosentina, che riportiamo – alle ore 11:00/11:30. Mentre la squadra sedeva al tavolo per il pranzo sono “comparsi” cinque “signori” i quali intimavano ai presenti (dirigenti e calciatori) di perdere la partita altrimenti gli avrebbero spaccato le gambe”. Non solo. “Un calciatore, Amadou Rabihou, veniva afferrato da un orecchio e gli veniva puntato un coltello da tavola alla gola. Dopo questa “incursione” durata circa 30-45 minuti di continue minacce ed allusioni che si sarebbero verificate in campo ai calciatori, questi “signori” lasciavano il locale”.
Secondo il racconto della sua dirigenza, la squadra si sarebbe comunque recata allo stadio su consiglio delle forze dell’ordine e sotto scorta. Tuttavia, prosegue la nota, “all’arrivo negli spogliatoi, mentre stavamo entrando nei locali riservati agli ospiti, un nostro tesserato (Giuseppe Siciliano, classe 1996) veniva colpito da calci e pugni tra schiena e collo da un soggetto da noi non identificato e davanti agli occhi del Commissario di Campo”.
PAROLA AL GUARDAVALLE – Non si è lasciata attendere la risposta del Guardavalle”Potremmo scrivere un libro sugli episodi subiti in 40 anni ma non lo faremo nemmeno ora per non tirare in ballo fatti e situazioni che non c’entrano nulla con la presente. Ci meraviglia questo eccesso di indignazione e di zelo da parte della società acrese che nulla può rimproverare ai tesserati del Football Club Guardavalle. La stessa indignazione avremmo voluto leggerla o sentirla anche due anni fa quando in casa loro siamo stati aggrediti (allenatore, dirigenti, tifosi e genitori di due giocatori) al 90° minuto con spranghe, bastoni e lancio di oggetti solo perché avevamo esultato per il pareggio. Oppure vogliamo parlare dell’andata di questo campionato quando il nostro calciatore italo argentino Diego Casas è stato schiaffeggiato, guarda caso, dall’innocente diciannovenne che ha lamentato lo strattonamento e le ingiurie ieri, solo perché avevamo vinto sul campo la nostra partita, poi persa per un ricorso dell’Acri. Noi siamo responsabili di quello che accade in campo dove gli ospiti sono tutelati dalle forze dell’ordine, dalla terna arbitrale, dai commissari di lega e dai nostri dirigenti. Sarebbe pericoloso creare un precedente perché altrimenti chiunque si sentisse la “coda di paglia” nell’apprestarsi ad affrontare una trasferta potrebbe dire di aver ricevuto aggressioni, minacce o insulti evitando di scendere in campo e rischiare i propri calciatori, utili in partite più ostiche”.
CIO’ CHE RESTA DI UN SABATO DA DIMENTICARE
Consumata l’ennesima torbida vicenda, sorge un inevitabile interrogativo: è questa l’immagine che vogliamo il calcio dilettantistico calabrese dia all’intero Paese, consentendo così a alla parte faziosa dell’opinione pubblica di approfittarne per perpetrare i soliti stereotipi sulla nostra terra?
E’ nella logica della comunicazione dar risalto ad un singolo caso, estremamente disdicevole, isolato ma in grado di coprire le migliaia di opportunità sane di confronto e civiltà che si verificano in ogni giornata di campionato in Calabria, in ogni categoria.
Ciò che è certo è che pur trattandosi di un episodio, quello che ha coinvolto Acri e Guardavalle, che è doveroso condannare con ogni forza e mezzo qualora venisse confermato il quadro che sta emergendo, il vero crimine sarebbe infangare quanto di buono, bello e puro accade settimanalmente sui campi dilettantistici nostrani, dove migliaia di calabresi rincorrono un sogno all’insegna dei valori sani di cui questo sport è portatore.
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