Cuore ed orgoglio, certo, ma non solo. La propensione al sacrificio è nel DNA amaranto, va sottolineata e riconosciuta specie dopo un lunghissimo periodo durante il quale la natura stessa di questo Club è stata vilipesa, ma inizia a risultare limitante nei confronti della Reggina di Alberti. Questa squadra gioca a calcio, lo fa bene ed inizia anche ad assumere una propria identità precisa. Al Granillo arriva una delle corazzate del campionato? L’atteggiamento della squadra dello Stretto non cambia in base all’avversario. Confermato l’undici previsto alla vigilia: c’è Aronica, torna Balistreri, la Reggina insiste nel suo 4-1-4-1.
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AMARANTO SHOW – Scorrono i primi 45′ di gioco ed al rientro negli spogliatoi la classifica appare una parodia della realtà: la Reggina, penultima, ha asfaltato l’avversario, sovrastandolo in ogni zona del campo. Le occasioni da rete, clamorosa quella mancata da Masini di testa su splendido assist di Gallozzi, non rendono pieno merito ad un dominio netto ed oggettivo che neppure un direttore di gara capace di distribuire cartellini in modo quantomeno fantasioso riesce ad impedire. Aronica e Cirillo dettano legge, Zibert centrifuga palloni riciclandoli con qualità, Gallozzi e Masini costringono gli esterni campani in affanno: la Reggina è padrona del campo e soffoca con veemenza i tentativi di ripartenza stabiesi con la forza dell’organizzazione e di una condizione atletica straripante. Piovono applausi, e non potrebbe esser altrimenti, malgrado il risultato resti inchiodato sullo 0-0.
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A TESTA ALTA – Le energie spese nel primo tempo impediscono alla Reggina di sostenere lo stesso ritmo infernale nella ripresa, ma gli amaranto non arretrano: restano padroni del gioco, avvolgono ma non stritolano. Pancaro prova a ritrovare la sua squadra cambiando modulo. Fuori Carrozza, dentro Ripa: la Juve Stabia passa al 4-4-2 con due centravanti ad occupare l’area amaranto. Più che la mossa tattica, però, sembra sia il serbatoio nei muscoli amaranto ormai in riserva a permettere alle vespe di alzare il baricentro. Belardi, intanto, paga un’uscita avventata con un leggero infortunio che richiede la sostituzione, Kovacsik torna tra i pali e Alberti corre ai ripari replicando la sostituzione di Barletta: Ungaro per Gallozzi. Pochi minuti dopo Viola avvicenda Balistreri, gli amaranto chiudono con il 4-4-2 e Di Lorenzo (prestazione sontuosa) nell’inedita posizione di ala destra.
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SORTILEGIO – Minuto 85, Cancellotti chiude con le cattive sull’ennesimo inserimento di Maimone, secondo giallo ed espulsione: il finale è un arrembaggio amaranto. Reggina a testa bassa a caccia del gol capace di spezzare anche nel risultato un equilibrio che in campo non c’è mai stato. Armellino pesca Masini in area, colpo di testa e palla che torna in campo dopo aver baciato la traversa, sulla ribattuta arriva la sforbiciata di Viola che spedisce ancora la sfera sul montante: una maledizione.
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Finisce a reti bianche. Morale: la Reggina lascia il campo con la maglia gonfia di sudore e rimpianti. Tuttavia, chiudere con rammarico, dopo un pari, affrontando una squadra candidata alla promozione è un segnale limpido lanciato da una squadra più che mai viva. La Reggina, intanto, scavalca l’Ischia, aggancia il Savoia e accorcia sul Melfi. Domenica il derby al San Vito vale una stagione. “Vi vogliamo così”, rimbomba il Granillo.
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